CONVEGNO DI MILANO: TERAPIA CELLULARE

myogenic-cells-gfp1Dopo aver fornito un breve resoconto del convegno che si è svolto a metà febbraio a Milano, l'idea è ora di riportare un riassunto delle varie relazioni che sono state presentate.
Partiamo con la sessione sulla Terapia Cellulare, un campo molto promettente e a volte controverso sul quale puntano molti gruppi di ricerca internazionali.
Il presupposto di partenza per la terapia cellulare è che se non si riesce a fornire al muscolo il gene sano della Distrofina una valida alternativa può essere quella di fornire direttamente cellule muscolari sane. Il punto di forza di questa strategia è la sua universalità, a differenza di altre strategie come l'Exon skipping o il PTC124 che prevedono una specifica terapia per una specifica mutazione, la terapia cellulare è applicabile - teoricamente - a qualsiasi paziente DMD.
Questo filone di ricerca è iniziato negli anni ’90 con studi pionieristici basati sull’utilizzo dei mioblasti. I risultati hanno dimostrato che il trapianto di mioblasti in muscoli distrofici porta effettivamente ad una produzione di distrofina nelle fibre muscolari ma i ricercatori si sono scontrati con alcuni ostacoli, quali la bassa sopravvivenza di queste cellule e la loro limitata capacita’ di migrare nel tessuto muscolare.
Dopo gli scarsi successi ottenuti con i mioblasti, i lavori successivi hanno puntato l’attenzione sui diversi tipi di cellule pluripotenti che si trovano nel nostro organismo. I 4 relatori (Yvan Torrente, Maurilio Sampaolesi, David Sassoon e Rita Perlingeiro) hanno illustrato il panorama mondiale degli studi sulle potenzialità terapeutiche delle cellule staminali adulte, che possono essere isolate dal midollo osseo, dal sangue e dal muscolo, e anche di quelle embrionali che da quest’anno si sono aggiunte alla lista.
 
1- Trapianto autologo di cellule staminali adulte ingegnerizzate per produrre distrofina 
torrente2Yvan Torrente 
 
Lo studio, guidato da Yvan Torrente e pubblicato sulla rivista scientifica Cell Stem Cell lo scorso dicembre, è basato sulla combinazione di terapia genica e cellulare: isolare cellule staminali da pazienti DMD che presentano mutazioni di “frameshift” del gene della distrofina, correggere la forma della distrofina mediante la tecnica di exon skipping (vedere la parte dedicata all’exon skipping), ed infine reimpiantare le cellule “geneticamente corrette” in topi mdx.
Per quel che riguarda le cellule di partenza; si tratta di cellule staminali (chiamate CD133+) isolate da sangue periferico o da biopsie muscolari di bambini Duchenne. Le cellule sono state coltivate in laboratorio e, successivamente, trattate con un lentivirus, un virus che puo’ essere utilizzato per trasportare le sequenze di RNA disegnate ad hoc per effettuare l’exon skipping dell’esone 51. Le cellule ingegnerizzate sono state iniettate nel muscolo tibiale anteriore (TA) di topi mdx e le analisi effettuate a 21 e 45 giorni dall’impianto delle cellule hanno dato risultati positivi. Le cellule staminali umane esprimono di nuovo la distrofina con il corretto schema di lettura, e ciò è sufficiente affinché nelle cellule muscolari dei topi si riformi il complesso di proteine che ne compone l’impalcatura. I ricercatori hanno anche dimostrato che le cellule staminali si integrano bene nel tessuto muscolare in cui sono state iniettate, dando origine a quella popolazione di cellule progenitrici (le cellule satelliti) dalle quali si differenziano le cellule muscolari (i miociti).
Un’eventuale terapia per la DMD deve necessariamente prevedere un effetto diffuso a tutti i muscoli del corpo. E’ per questo motivo che i ricercatori hanno subito tentato una seconda via: la somministrazione per via sistemica. Le cellule staminali “geneticamente corrette” sono state quindi iniettate nelle arterie femorali dei topi distrofici. E anche in questa seconda fase dello studio i dati sono risultati molto incoraggianti: diverse aree dei quadricipiti, degli extensor longus digitorum (muscolo dei piedi) e dei TA (Tibiale Anteriore) hanno mostrato l’espressione della distrofina umana. Anche in questo caso le cellule staminali si sono integrate funzionalmente nel tessuto muscolare e le analisi eseguite sui topi trattati hanno rivelato un miglioramento nella struttura e nella resistenza dei muscoli.
Il filone di ricerca portato avanti dal gruppo di Torrente è sicuramente molto interessante perché si tratta di un approccio che, se utilizzato sull’uomo, prevede l’utilizzo di cellule staminali del paziente stesso e quindi elimina qualsiasi problema di rigetto immunitario. Prima di parlare di sperimentazione clinica sull’uomo ci sono pero’ una serie di punti deboli con cui fare i conti. Prima di tutto, per trattare i topi sono state utilizzate migliaia di cellule staminali e per un bambino ne servirebbero miliardi, questo pone un primo problema di tipo tecnologico: la produzione su larga scala di enormi quantita’ di cellule. Un secondo ed importante punto è poi l’utilizzo di lentivirus per effettuare l’exon skipping. Questi vettori virali si possono inserire casualmente nel DNA delle cellule ingegnerizzate, un evento che rischia di interferire con l’espressione di geni diversi dalla distrofina o di causare delle mutazioni cancerogene.
Uno dei prossimi traguardi dei ricercatori italiani è, infatti, quello di trovare un nuovo efficace ed innocuo metodo per guidare l’exon skipping.
 


 
2- GRMD: trattamento cellulare a lungo termine e terapia cellulare autologa
sampaolesi2Maurilio Sampaolesi
 
Uno degli studi piu’ promettenti e’ sicuramente quello portato avanti da Giulio Cossu e Maurilio Sampaolesi, basato sull’identificazione dei mesoangioblasti come cellule capaci di rigenerare il tessuto muscolare danneggiato e ripristinare la sua funzionalità, sia in topi mdx che in cani GRMD.
Uno degli aspetti piu’  interessanti dei mesoangioblasti è che se introdotte nella circolazione sanguigna queste cellule sono in grado di migrare fuori dall’endotelio dei vasi e colonizzare i tessuti circostanti. In un lavoro pubblicato nel 2003 su Science, i ricercatori erano riusciti a dimostrare che mesoangioblasti iniettati in topi mdx sono capaci di rigenerare il tessuto muscolare danneggiato e ripristinare la sua funzionalità.
Il passo successivo e’ stato quello di ripetere gli stessi risultati su un modello animale piu’ complesso quale il cane. Gli esperimenti sono stati condotti sui Golden Retriever Muscular Dystrophy (GRMD), cani che presentano una mutazione di “frameshift” sul gene della distrofina, e lo studio e’ stato pubblicato nel novembre del 2006 su Nature. In una prima fase sperimentale, i ricercatori hanno estratto i mesoangioblasti dai vasi sanguigni di cani sani, li hanno fatti moltiplicare in coltura, e li hanno iniettati per via intra-arteriosa in cani GRMD . Dopo cinque iniezioni consecutive, i cani distrofici hanno mostrato un miglioramento nella deambulazione e nella forza muscolare. Gli scienziati hanno seguito la migrazione dei mesoangioblasti ed hanno osservato che, una volta usciti dai vasi sanguigni, questi vanno a colonizzare i muscoli danneggiati. Le cellule staminali si fondono con le fibre muscolari esistenti, producono la distrofina sana e rigenerano cosi il tessuto muscolare. I risultati si sono dimostrati ottimi, l’unico punto critico e’ rappresentato dall’esigenza di sottoporre i cani ad un trattamento d’immuno-soppressione (con ciclosporina) per evitare il rigetto delle cellule introdotte, provenienti da altri cani. La critica principale, arrivata da alcuni ricercatori che lavorano sulla DMD, è che l’effetto positivo sui cani sia dovuto alla ciclosporina e non alle cellule staminali. Il gruppo di Giulio Cossu ha ripetuto degli esperimenti ad hoc ed e’ stato dimostrato che la ciclosporina, alle dosi in cui agisce da immuno-soppressore peggiora drammaticamente la forza, il che è invece compensato dall’azione dei mesoangioblasti. Le risposte sperimentali del Prof. Cossu alle critiche che erano gli state mosse sono state pubblicate lo scorso dicembre su Nature.
Ulteriori risultati incoraggianti sono arrivati con l’identificazione delle cellule che, nell’uomo, corrispondono ai mesoangioblasti. Si tratta dei periciti: cellule associate ai vasi sanguigni dei muscoli scheletrici dell’uomo, che hanno caratteristiche e potenzialita’ molto simili ai mesoangioblasti isolati dai topi e dai cani. Una serie di esperimenti, pubblicati su Nature Cell Biology a febbraio 2007, hanno dimostrato che i periciti sono cellule facilmente manipolabili in laboratorio e che, se iniettate per via sistemica in topi mdx immuno-soppressi, sono in grado di colonizzare il tessuto muscolare e di generare una forma corretta di distrofina umana.
Questi ultimi dati rappresentano un ottimo punto di partenza per la progettazione di una futura sperimentazione clinica sull’uomo. Il team di Giulio Cossu e’ adesso concentrato nell’accumulare tutte le informazioni necessarie per garantire la massima sicurezza per questo nuovo approccio terapeutico e dunque trovare i finanziamenti e i partner clinici adeguati, per la programmazione e l’esecuzione del trial.
 


3- Una nuova popolazione di cellule staminali nel muscolo scheletrico
sassoon2David Sassoon
 
Normalmente, la rigenerazione - o “riparazione” - muscolare avviene ad opera delle cellule satellite. Quando il muscolo scheletrico subisce un danno, alcuni segnali cellulari vanno a “risvegliare” ed attivare queste cellule, le quali proliferano, si differenziano e si fondono con le fibre muscolari. Negli ultimi anni diversi gruppi di ricerca sono riusciti a dimostrare che le potenzialita’ miogeniche, ovvero la capacita’ di dare origine a mioblasti, sono condivise anche da altri tipi cellulari. Un punto che rimane da chiarire e’ la loro origine e natura, dove sono posizionate all’interno dell’organismo, come agiscono e soprattutto come si relazionano rispetto alle cellule satellite.
E’ stato osservato che durante la crescita post-natale il gene PW1/Peg3e’ espresso in una sotto-popolazione di cellule interstiziali del tessuto muscolare. Lo stesso gene, nelle cellule satellite, e’ espresso insieme aPax7, un fattore importante per la potenzialita’ delle cellule staminali. Questo dato ha portato il gruppo di ricerca di David Sassoon ad approfondire gli studi su queste particolari cellule, chiamate PIC (PW1 Interstitial Cells).
Con una serie di esperimenti condotti su colture di cellule PIC isolate dal tessuto muscolare, i ricercatori hanno scoperto che questa popolazione di cellule e’ in grado di  differenziarsi in cellule muscolari di tipo liscio ma non in mioblasti (le cellule muscolari di tipo scheletrico). Una situazione che puo’ essere cambiata qualora le PIC siano messe in coltura insieme alle cellule satellite, queste ultime inducono il differenziamento delle PIC a favore dei mioblasti. Ulteriori analisi molecolari hanno dimostrato che l’azione induttiva delle cellule satellite e’ basata su Pax7: se in esperimenti di co-coltura questo manca le PIC non sono piu’ in grado di dare una linea cellulare  miogenica.
Oltre all’azione determinante di Pax7 anche PW1 ha comunque un importante ruolo cellulare, studi di altri gruppi di ricerca hanno dimostrato che questo gene e’ espresso nei bulbi piliferi della pelle, già noti come nicchie di cellule staminali.
Questo filone di ricerca ha evidenziato l’esistenza di una nuova popolazione cellulare residente, nel muscolo post-natale, che ha interessanti caratteristiche nella ricerca di una terapia per la distrofia muscolare.
Risultati preliminari hanno inoltre dimostrato che se iniettate in un muscolo danneggiato le PIC sono in grado di partecipare al processo di rigenerazione muscolare.
 


 
4- Rigenerazione muscolare con staminali embrionali
perlingeiro2Rita Perlingeiro 
 
Anche nel campo della distrofia muscolare compaiono i primi lavori sul versante delle cellule staminali che eticamente sono le piu’ controverse: le cellule staminali embrionali (CSE).
Un nuovo lavoro, guidato da Rita Perlingeiro in Texas e pubblicato lo scorso mese (gennaio 2008) su Nature Medicine, si basa sull’utilizzo delle staminali embrionali, cellule che hanno maggiori potenzialita’ rispetto alle cellule staminali adulte ma che presentano anche alti rischi tumorali e, in molti paesi, notevoli problematiche etiche.
Per ovviare il problema della potenziale tumorigenicita’, i ricercatori hanno tentato di identificare nelle CSE una sottopopolazione cellulare che potesse coincidere con le cellule progenitrici muscolari. L’utilizzo di avanzate tecniche per la separazione dei diversi “profili cellulari” ha portato all’isolamento di una popolazione omogenea di cellule che mostra una morfologia simile a quella dei progenitori dei mioblasti. Una serie di analisi ha successivamente dimostrato che, seppur mantenendo alcune delle caratteristiche tipiche delle cellule staminali, queste cellule hanno gia’ intrapreso il cammino differenziativo verso la linea cellulare muscolare.
In una seconda fase dello studio, le potenzialita’ di queste cellule, sono state testate in topi mdx  mediante iniezione nel muscolo tibiale anteriore. Le analisi effettuate sulla biopsia del muscolo mostrano che le cellule sono in grado di integrarsi bene nel tessuto muscolare e che si ha una nuova espressione della distrofina, che rimane presente fino a 3 mesi dopo la somministrazione delle cellule. Inoltre, l’utilizzo di queste cellule staminali “programmate”, non ha causato nessun evento tumorale.
Per rendere la tecnica piu’ efficiente, ovvero per estendere i risultati ai vari muscoli del corpo, i ricercatori hanno iniettato le cellule nei topi mdx per via sistemica. I risultati si sono dimostrati, ancora una volta, positivi: si ha un incremento dell’espressione della distrofina del 11-16%, un effetto osservato fino a 22 settimane dopo l’introduzione delle cellule, e nessun evento tumorale. Analisi di approfondimento sono state successivamente effettuate per quel che riguarda la funzionalita’ del muscolo. Dopo iniezione delle cellule per via sistemica, i ricercatori hanno osservato un miglioramento nella capacita’ contrattile del muscolo tibiale anteriore dei topi.
L’interesse di questo lavoro risiede nell’identificazione di una nuova fonte cellulare, non controversa, come possibile futura terapia per la distrofia muscolare. Si tratta comunque di uno studio ancora a livello pionieristico con molti aspetti che devono ancora essere approfonditi dai ricercatori.
di Francesca Ceradini 
 


COMUNICATO 28.02.08

Malati rari: 30 milioni di persone solo in Europa.

Parent Project chiede che si dia inizio ad una strategia comune tra specialisti e associazioni per favorire lo sviluppo di politiche socio-sanitarie efficaci.

“Se veramente si vuole far fronte alle complesse problematiche derivanti dalle malattie rare è necessario che il sistema politico cominci a trattarle come una priorità. Il fatto che i pazienti siano pochi, ma parliamo sempre di milioni di persone, non significa che si possa trascurare l’enorme impatto che queste patologie hanno sulla società. – Ha dichiarato Filippo Buccella, presidente di Parent Project Onlus - Se una persona malata ha a disposizione centri specializzati, farmaci e cure adeguate, è un individuo che mantiene la sua autonomia e il suo ruolo sociale. Per le malattie rare, come nel caso della distrofia di Duchenne, ancora oggi è necessario che i genitori si facciano carico da soli del proprio figlio. Questo significa che è necessario che le famiglie si formino sulle pratiche terapeutiche che oggi consentono di raddoppiare le aspettative di vita. Migliaia di genitori, zii, nonni devono rinunciare al lavoro, usufruire di permessi speciali o delle ferie per spostarsi anche di centinaia di chilometri per raggiungere i pochi centri specialistici. Questa è una grave patologia degenerativa che si manifesta già nei primi anni di età, tutto questo è quindi un costo per l’intera collettività.”
“In questi anni Parent Project è riuscita ad organizzare una rete di formazione e informazione per diffondere le conoscenze disponibili sia in ambito nazionale che internazionale. Abbiamo cominciato grazie ad internet, poi nel 2002 abbiamo aperto il Centro Ascolto Duchenne per le famiglie al quale oggi si rivolgono molti specialisti e ricercatori. Dallo scorso anno è stata organizzata una rete informativa che ha coinvolto farmacisti,  pediatri e medici di famiglia. Adesso abbiamo realizzato, insieme ad altre associazioni, il Registro Nazionale Pazienti Duchenne/Becker/SMA, che consentirà di elaborare tutti i dati che oggi sono disseminati tra ricercatori, istituzioni, specialisti, famiglie e che diventeranno patrimonio comune.” – prosegue il Presidente.
“La Giornata Europea per le Malattie Rare ha attirato l’attenzione su di noi ma non dobbiamo dimenticare che bisogna elaborare al più presto una strategia che preveda la collaborazione tra specialisti, associazioni e istituzioni. L’incontro promosso dalla Società Italiana di Pediatria (SIP) e dalla Società Italiana di Malattie Genetiche Pediatriche e Disabilità Congenite (SIMGePeD), realizzato per individuare una strategia capace di mettere in rete il lavoro e l’esperienza di tutti coloro che sono coinvolti nelle malattie rare, è la strada giusta per cominciare a dare risposte certe a milioni di persone.”– conclude Filippo Buccella
La Distrofia Muscolare di Duchenne e Becker (DMD/DMB) è una malattia rara, la forma più grave delle distrofie muscolari, che viene trasmessa dalle madri attraverso il cromosoma X e colpisce 1 su 3.500 maschi nati vivi. Attualmente non esiste una cura specifica, ma un trattamento da parte di una equipe multidisciplinare che ha permesso di migliorare le condizioni generali e raddoppiare le aspettative di vita. Si stima che in Italia ci siano 5.000 persone affette dalla patologia.
Parent Project Onlus, l’associazione fondata dai genitori con figli affetti dalla distrofia muscolare di Duchenne e Becker, nasce nel 1996 per sconfiggere questa grave distrofia muscolare attraverso la promozione e il finanziamento della ricerca scientifica. In questi anni ha contribuito, con oltre 1.500.000 euro di investimenti, al finanziamento di più di 50 progetti specifici. Altro obiettivo primario è la formazione e il sostegno, per le famiglie coinvolte dalla malattia. Dal 2002, grazie al Centro Ascolto Duchenne, finanziato dall’ISMA (Istituti Santa Maria in Aquiro di Roma) e dalla Fondazione Peppino Vismara, è attivo un servizio gratuito che fornisce informazioni del quale possono beneficiare, oltre alle famiglie, tutti gli specialisti interessati all’approfondimento.
Maggiori informazioni sulle attività di Parent Project e del Centro Ascolto Duchenne è possibile riceverle telefonando al Numero Verde 800 - 943 333 o visitando il sito internet www.parentproject.it
Ufficio stampa Parent Project Onlus
Stefania Collet
Tel. 06 66.18.28.11 - Fax 06 66.18.84.28
Email ufficiostampa@parentproject.org
www.parentproject.org


29 FEBBRAIO: UN GIORNO RARO PER PERSONE MOLTO SPECIALI

3Il 29 febbraio e’ un giorno raro, compare nel nostro calendario solo ogni quattro anni, proprio per questo motivo e’ stato scelto per celebrare la Giornata Europea delle malattie rare. “Un giorno raro per persone molto speciali” e’ lo slogan dell’evento ideato e coordinato da Eurordis(European Organization for rare Diseases), una federazione per le malattie rare rappresentata da pazienti (oltre 200 associazioni operanti in 14 paesi europei) e sostenuta dalla Commissione europea.
La Giornata delle malattie rare sara’ inaugurata il 29 febbraio di quest’anno, per ripetersi ogni anno, e sara’ celebrata in ben 19 paesi europei con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica, migliorare il percorso che porta alla diagnosi, all’assistenza sanitaria quotidiana e, soprattutto, ad una terapia.
Le malattie coinvolte sono rare, ma non per questo poche. La stima dell’Eurordis e’ di un numero complessivo che si aggira intorno alle 6 mila patologie, quasi tutte senza cura, il 75% delle quali colpisce i bambini. Le malattie coinvolte sono rare, ma non per questo poche. L’insieme di queste malattie rappresenta il 10% delle malattie umane conosciute e riguarda più di 1 milione di pazienti nel nostro Paese e circa 25 milioni in Europa. Stime approssimative perché molto dipende dalla definizione stessa di malattia rara, che viene spesso basata su differenti standard in diversi paesi. Nell’ Unione Europea, ad esempio, è rara una malattia che colpisce non più di 5 persone ogni 10.000, in Giappone si può parlare di rarità se la patologia colpisce meno di 4 persone ogni 10.000 abitanti, mentre negli Stati Uniti si passa a meno di 7,5 cittadini su 10.000.
Si tratta di malattie molto eterogenee che possono comparire fin dalla nascita, come nel caso dell'amiotrofia spinale infantile e della neurofibromatosi, comparire sui bambini per progredire velocemente con l’avanzare degli anni, come nel caso della distrofia muscolare di Duchenne, oppure comparire addirittura nell'età adulta, come la malattia di Huntington, la malattia di Crohn, e la sclerosi laterale amiotrofica.
Il problema fondamentale e’ soprattutto collegato alla loro rarità, da questa caratteristica deriva la scarsa disponibilità di conoscenze scientifiche e mediche. Di queste malattie, infatti, oltre ai nomi e agli effetti, quasi sempre invalidanti, si sa solamente che nel 90% dei casi l'origine è genetica, ma si è ancora lontani dal poterle diagnosticare, prevenire e curare. Pochi pazienti vuol dire anche pochi "clienti", non abbastanza perché l'industria farmaceutica possa concentrarsi sulla ricerca dei farmaci cosiddetti “orfani”. Per avere un'idea delle risorse necessarie basta pensare che l'immissione di un farmaco sul mercato è preceduta in media da 7-12 anni di ricerca e da un investimento di circa 800 milioni di euro. Il risultato è che oggi esistono medicinali che curano non più di 350 malattie rare, lasciandone migliaia ancora senza rimedio.
In Italia, oltre ad una vasta campagna d’informazione nazionale, il 29 febbraio sarà una giornata testimoniata da banchetti, spettacoli, eventi sportivi e di altro genere. Tra questi il convegno organizzato dal Centro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanita’, che vuole promuovere un momento di confronto e di riflessione sulle malattie rare e sui progressi compiuti in Italia fino ad oggi. Vi saranno collegamenti in Video-Conferenza con le iniziative delle Associazioni e delle varie Regioni, tavole rotonde in cui interverranno pazienti, familiari, medici, ricercatori ed operatori sociali, e presentazioni in plenaria, ed uno spazio espositivo dedicato alle attività intraprese dalle Associazioni e dalle Istituzioni nazionali, regionali e locali.
 
Francesca Ceradini 


RESOCONTO DEL CONVEGNO DI MILANO

micUn resoconto per chi non c'era
“I trial clinici e la ricerca Duchenne e Becker nel mondo”, questo è iltitolo del convegno organizzato da Parent Project che si è tenuto aMilano lo scorso 15 e 16 febbraio. Un incontro che ha riunito più di250 partecipanti - tra famiglie, clinici e ricercatori - e che ha datola possibilità ad ognuno di fruire di un importante scambiod’informazioni e di sensazioni.
Nella giornata di venerdì si è parlato di quegli strumenti che non fanno direttamente parte del mondo della ricerca ma che sono essenziali per farlo procedere. Un esempio è il Treat-NMD, un network europeo di eccellenza - operativo da gennaio del 2007 - che ha come obiettivo il coordinamento e l’armonizzazione della ricerca nel campo delle malattie neuromuscolari, sia per la ricerca di base che per lo sviluppo di nuove terapie. Ed è proprio al network europeo che, da quest’anno, si va ad affiancare il Registro Italiano Pazienti DMD/BMD. Si tratta di uno strumento fondamentale, finora mancante nel panorama della distrofia muscolare Duchenne e Becker, che permetterà di raccogliere dati e disseminare informazioni che possano accelerare la definizione di nuovi approcci clinici e terapeutici. Un secondo importante network, presentato da Fabrizio Racca dell’ospedale Molinette di Torino, è la Rete piemontese per l'assistenza dell'Insufficienza Respiratoria: un programma sanitario regionale basato su di un modello di assistenza per la presa in carico globale e continua del paziente.
La giornata di sabato è stata invece all’insegna della ricerca di base e dei trial clinici. Una quindicina di ricercatori, venuti dai vari angoli dell’Italia e del mondo, hanno fornito una panoramica sulle diverse linee di ricerca che a livello internazionale perseguono lo stesso traguardo: trovare una terapia contro la distrofia muscolare di Duchenne e Becker. Le presentazioni hanno illustrato lo stato dell’arte nel campo della terapia genica, cellulare e farmacologica, puntando l’attenzione non solo sulle novità ma anche su ciò che procede o ciò che si è fermato, sottolineandone sempre le potenzialità ed i limiti.
milanomeeting1L’obiettivo più ambizioso della comunità scientifica è quello di poter sostituire il genedifettoso della Distrofina con uno completamente sano. Ciò potrebbe essere effettuato mediante l’introduzione nelle cellule muscolari della forma intera del gene della distrofina, ma le enormi dimensioni del gene (il più grande del nostro organismo con ben 2.4 milioni di basi) rendono l’impresa ardua. Con il passare degli anni, i ricercatori di tutto il mondo hanno capito che la migliore strategia è quella di attaccare la DMD su diversi fronti, sviluppando approcci diversi con bersagli diversi ma che vadano tutti a confluire sullo stesso obiettivo: il muscolo scheletrico, la sua forza e la rigenerazione cellulare.
Se da una parte diversi gruppi di ricerca (tra cui i francesi) tentano di trovare il “cavallo di Troia”  - plasmidi o vettori virali - per far entrare il gene sano della distrofina nell’organismo umano, c’è chi d’altra parte cerca una nuova strategia per riparare il gene difettoso già presente nel tessuto muscolare. Su questo principio si basa l’exon-skipping: una tecnica con la quale si tenta di recuperare la funzionalità della distrofina eliminando il pezzo danneggiato direttamente a livello dell’RNA messaggero. Questa linea di ricerca è al momento una delle più promettenti e ad uno stadio avanzato, diversi gruppi stanno puntando in questa direzione: olandesi, inglesi, australiani, italiani e francesi. Le tecniche usate differiscono leggermente tra loro, ma il bersaglio (la distrofina) e il meccanismo d’azione (l’eliminazione di uno o più esoni) sono gli stessi. Il gruppo olandese (Prosensa), che ha avviato per primo un trial clinico con Exon skipping, è già in fase II con risultati incoraggianti; il consorzio inglese MDEX è in fase I; e il gruppo italiano, guidato da Irene Bozzoni, si sta preparando per una futura sperimentazione clinica.
Un secondo tipo di strategia si basa invece sulla terapia cellulare. Si parte dal presupposto che se non si riesce a fornire al muscolo il gene sano della distrofina una valida alternativa può essere quella di fornire direttamente cellule muscolari sane. Questo filone di ricerca è iniziato negli anni ’90 con studi pionieristici basati sull’utilizzo dei mioblasti (le cellule progenitrici muscolari). Dopo gli scarsi successi – dovuti alla bassa sopravvivenza e capacita’ di migrazione di queste cellule - e con  l’avvento delle grandi scoperte sulle cellule staminali, i ricercatori hanno cominciato a puntare l’attenzione proprio sui diversi tipi di cellule pluripotenti che si trovano nel nostro organismo. Ricercatori di gruppi italiani, francesi ed americani hanno illustrato il panorama mondiale degli studi sulle potenzialità terapeutiche delle cellule staminali adulte - isolate dal midollo osseo, dal sangue e dal muscolo - e anche di quelle embrionali, che da quest’anno si sono aggiunte alla lista.
A queste strategie si aggiungono quelle di tipo farmacologico. In realtà, sotto il termine di “terapia farmacologica” sono raggruppati tutta una serie di approcci diversi che hanno come obiettivo finale quello di sviluppare delle molecole (viste come moderni farmaci biotech) che possano agire direttamente sul danno a livello del gene, come ad esempio il PTC124, regolare i meccanismi responsabili della rigenerazione del tessuto muscolare, come nel caso degli inibitori delle deacetilasi e del ACE 031, o semplicemente cercare di rendere più forti i muscoli anche in mancanza di distrofina.
In questo panorama di strategie terapeutiche la parola chiave è il “profilo genetico”. E’ oramai chiaro che la maggior parte degli approcci sono ideati per tentare di “riparare” una specifica mutazione a carico del gene della distrofina, ad esempio si parla di PTC124 per le mutazioni “non senso” o di exon skipping per il “frameshift” causato da delezioni o duplicazioni. In quest’ottica la corretta diagnosi genetica diventa una priorità per il paziente e per la ricerca, un concetto che si ritrova alla base della realizzazione del Registro Pazienti.
Il messaggio che è emerso dal meeting è abbastanza chiaro: la ricerca è in una fase di sviluppo molto importante nel campo della Duchenne e Becker, ma bisogna essere realistici non si possono fare passi da giganti, piuttosto tanti piccoli passi che speriamo possano portare lontano. Come ha sottolineato Giulio Cossu, i diversi filoni di ricerca presentati al convegno sono tutti molto promettenti ma nessuno può essere miracoloso, la cura non arriverà domani (ma i ricercatori già lavorano per un dopodomani) e probabilmente la soluzione si baserà su una strategia che racchiude diverse tipologie di approcci. Proprio per questo motivo la collaborazione dell’intera comunità scientifica è di fondamentale importanza.
 
Francesca Ceradini 


MALATTIE GENETICHE MITOCONDRIALI: UNA NUOVA RICERCA PER CORREGGERE IL DIFETTO SUGLI EMBRIONI

provette-colorateLa notizia ha fatto velocemente il giro del mondo, e tutti i quotidiani hanno riportato pressoche’ lo stesso titolo: “Creati embrioni da 3 genitori”. C’e’ chi accusa gli scienziati di manipolazione genetica eticamente non accettabile, chi spiega invece che si tratta di una ricerca a buon fine: in futuro potrebbe evitare la trasmissione di malattie genetiche mitocondriali.
Come spesso succede in Italia basta una notizia scientifica che tocchi determinate tematiche per creare una gran confusione e distorsione dell’informazione.
Ma procediamo per gradi e cerchiamo di capire quale e’ la vera novita’, quali sono le implicazioni biomediche e perche’, nonostante quello che e’ stato riportato su diversi quotidiani e siti web, questa notizia non ha nessuna ricaduta sulla distrofia muscolare di Duchenne e Becker.

La notizia scientifica - che deriva da un annuncio stampa di Universita' e non da un articolo scientifico pubblicato - e’ che un gruppo di ricercatori inglesi, della Newcastle University, ha annunciato di aver sviluppato in laboratorio embrioni umani con una tecnica di trasferimento nucleare che, una volta messa a punto, potrebbe consentire alle donne portatrici di malattie genetiche mitocondriali di avere figli sani. E’ errato dire che gli embrioni in questione hanno “3 genitori”, piuttosto contengono il DNA di 3 persone: quello del padre, della madre “nucleare” (la madre effettiva) e quello della madre “mitocondriale”.
La tecnica utilizzata prevede una classica fecondazione artificiale alla quale segue il trasferimento del nucleo formato (che contiene il patrimonio genetico del padre e della madre) dalla cellula di origine (l’ovulo materno con mitocondri difettosi) ad un'altra cellula femminile (ovulo di una donatrice con i mitocondri sani) da cui e' stato precedentemente eliminato il nucleo. L’embrione che si sviluppa acquisisce cosi i mitocondri sani di una terza persona femmina. Questa tecnica non e’ altro che un modo ingegnoso per spostare un  nucleo sano da un ambiente circostante malato ad un altro ambiente sano, i mitocondri “malati” semplicemente non ci sono piu’.
I mitocondri sono forniti di un proprio piccolo DNA che codifica per geni implicati nelle funzioni energetiche della cellula. Il DNA mitocondriale, con le sue eventuali mutazioni, passa da madre a figlio ed è all'origine di gravi malattie genetiche ereditarie quali la cecita’, la sordita’ o l’epilessia. Parliamo di una cinquantina di patologie che colpiscono in media un neonato su 5000.
Su molti quotidiani e’ stato riportato che la distrofia muscolare rientra tra queste malattie genetiche mitocondriali. Questa informazione, non vera, e’ probabilmente il risultato di una grossolana semplificazione. Quello che si sa e’ che difetti a livello del DNA mitocondriale  influiscono sulla funzione muscolare con manifestazioni varie: debolezza muscolare, crampi e contratture, livelli moderatamente elevati di CK, fino a episodi di rabdomiolisi (necrosi delle cellule del muscolo). Questi effetti non sono pero’ in alcun modo riconducibili alla distrofia muscolare Duchenne e Becker che dipende unicamente da mutazioni sul DNA nucleare e mai mitocondriale. Le disfunzioni muscolari sopra descritte derivano per lo piu’ dal non corretto funzionamento energetico fornito dai mitocondri.
Per tornare agli embrioni “inglesi”, in realta’ provengono da un padre e da una madre come tutti gli embrioni (e’ il DNA nucleare che contiene tutte le istruzioni genetiche che generano le caratteristiche macroscopiche di un individuo), in piu’ hanno “centrali energetiche” istruite da una terza persona.
Va poi sottolineato che non e’ la prima volta che si fanno sperimentazioni del genere, che sono da anni scientificamente ed eticamente approvate in Inghilterra. Bambini con DNA provenienti da 2 donne differenti (una per quello nucleare e una per quello mitocondriale) sono gia’ nati in passato, solo che le tecniche utilizzate erano leggermente diverse. In questo caso, lo sviluppo degli embrioni creati all’Universita’ di Newcastle e’ stato interrotto al sesto giorno, come richiedono le linee guide per le nuove sperimentazione sugli embrioni.
Insomma, ancora una volta una linea di ricerca dagli scopi decisamente nobili viene fatta passare come una malvagia invenzione dello scienziato.


COMUNICATO 07.02.08

Roberto Boninsegna e la signora Raciti a Messina per sostenere magistrati e tifosi che scendono in campo contro la distrofia muscolare di Duchenne e Becker.

Appuntamento con la"Partita del Cuore" tra la Nazionale Italiana Magistrati e "Gli amici di Edy" domenica 10 febbraio Stadio San Filippo, ore 10.30, con ingresso gratuito.
Sono tanti gli ospiti che arriveranno a Messina in occasione della "Partita del Cuore" che si giocherà domenica 10 febbraio allo Stadio San Filippoe organizzata da Parent Project, l'associazione di genitori contro la Distrofia Muscolare di Duchenne e Becker e dai tifosi del forumhttp://www.biancoscudati.it/. che, con il  fondo "Gli amici di Edy", raccolgono fondi per la ricerca di una cura per questa grave malattia rara.
Un esempio di impegno sociale del quale si parlerà anche sabato 9 febbraio, al Royal Palace Hotel, alla presentazione dell'evento calcistico tra la Nazionale Italiana Magistrati e "Gli amici di Edy", alla quale parteciperanno, oltre alla signora Marisa Grasso Raciti e al CT della squadra dei magistrati Roberto Boninsegna, anche Cesare Gussoni, Vice-Presidente FIGC e presidente nazionale AIA (Associazione Italiana Arbitri);Stefano Filucchi, dell'Osservatorio per la Sicurezza presso il Viminale;Piero Grasso, Procuratore Nazionale Antimafia e Filippo Panarello, dell'Assemblea Regionale Sicilia. Gli onori di casa saranno fatti dal Presidente Pietro Franza che sin dall'inizio, insieme ai dirigenti e ai giocatori del F.C. Messina, ha sostenuto il progetto dei tifosi.
I protagonisti del match di beneficenza e i prestigiosi invitati saranno anche ospiti del FC Messina in occasione della gara del campionato di serie B che vedrà opposti i giallorossi siciliani al Mantova, nel pomeriggio di sabato 9.
La Partita del Cuore darà il via ufficiale alla Campagna di raccolta fondi"Rompere il silenzio" che si svolge dal 10 al 29 febbraio, alla quale si potrà contribuire inviando un SMS al 48584 dai telefonini personali TIM, Vodafone, Wind, 3 e Telecom Italia oppure 2 euro da rete fissa Telecom.
 
Il fondo benefico "Gli amici di Edy", nato nel 2007 su iniziativa di un papà di Parent Project e del forum dei tifosi del Messinahttp://www.biancoscudati.it/, è oggi diventato un esempio concreto di impegno sociale da parte di tantissimi tifosi messinesi che, attraverso negozi, parrocchie, circoli sportivi e media locali, sono riusciti a sensibilizzare migliaia di persone sul tema della Distrofia Muscolare di Duchenne e Becker e a raccogliere oltre 10.000 euro per finanziare la ricerca. Tra i sostenitori, che hanno aderito al fondo benefico, anche la Società e i giocatori del F.C Messina.
La Nazionale Italiana Magistrati (N.I.M.) è nata nel mese di settembre 1994, su iniziativa dei magistrati Piero Calabrò, Giudice del Tribunale di Monza, e Ferdinando Pomarici, Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Milano. Nel corso degli anni ha disputato moltissimi incontri di calcio a scopo di solidarietà in Italia ed all'estero ed ha devoluto circa Euro 4.200.000 ai beneficiari di tali iniziative. Gli  incontri  calcistici sono stati  spesso abbinati a manifestazioni culturali,  quali dibattiti e confronti sulle tematiche della giustizia, della legalità, del disagio giovanile e della solidarietà. Sulla  panchina della  N.I.M  si sono avvicendati tecnici di assoluto prestigio, tra i quali  Enzo Bearzot, Giovanni Trapattoni, Gigi Radice, Claudio Gentile, Giampiero Marini e Alessandro Altobelli. A Messina svolgerà il ruolo di "mister" dei magistrati, Roberto Bonisegna, già centravanti di Inter, Cagliari e Juventus, oltre che eroe dei mitici Mondiali messicani del 1970.


COMUNICATO 01.02.08

Esperti da tutto il mondo riuniti a Milano per illustrare i risultati della ricerca, approfondire la sperimentazione sull'uomo e discutere dell'assistenza ai pazienti.

Parent Project presenta il Registro Italiano Pazienti DMD/BMD/SMA.
 
 

Saranno la ricerca scientifica e la sperimentazione sull’uomo, i temi centrali del Convegno “I trial clinici e la ricerca Duchenne e Becker nel mondo”organizzato da Parent Project Onlus, il 15 e il 16 febbraio a Milano. L’incontro, moderato dalla giornalista Michela Vuga e realizzato in occasione della Campagna “Rompere il silenzio”, ha ricevuto il contributo della Fondazione Cariplo e il Patrocinio della Regione Lombardia, Assessorato alla Famiglia e Solidarietà Sociale; della Provincia di Milano e del Comune di Milano, Assessorato alla Salute.
Sede dei lavori, che inizieranno venerdì 15 febbraio alle 15,30, il Novotel Milano Nord Ca’ Granda di Viale Suzzani 13 di Milano.
La prima giornata sarà dedicata alla strategia intrapresa per favorire il progresso delle terapie e dell’assistenza ai pazienti Duchenne/Becker. Per quanto riguarda l’ambito europeo Francoise Salama, dell’AFM/Genethon, illustrerà gli obiettivi del progetto TREAT-NMD (Ricerca traslazionale in Europa - Valutazione e Trattamento delle Malattie Neuromuscolari). Per l’Italia Anna Ambrosini, direttore scientifico di Telethon, parlerà della valutazione dei risultati nei trial sull’uomo, a seguire Filippo Buccella, presidente di Parent Project, presenterà il Registro Italiano PazientiDMD/BMD/SMA realizzato insieme a UILDMFamiglie SMAASAMSI eTelethon per garantire la sicurezza e la riservatezza dei pazienti in occasione della partecipazione alle sperimentazioni cliniche. InfineFrancesca Ceradini, responsabile scientifico del registro, presenterà il data-base genetico. Al termine della prima giornata Fabrizio Racca, dell’Università di Torino, illustrerà il modello di Assistenza all’Insufficienza Respiratoria nelle Malattie Neuromuscolari elaborato in Piemonte che Parent Project sta proponendo in ambito nazionale.
Nella giornata di sabato sarà dato ampio spazio ai risultati ottenuti dalla terapia genica, dalla terapia cellulare e farmacologica. Tra gli ospiti Rita Perlingeiro, dell'Università del Texas Southwestern a Dallas, che ha diretto lo studio condotto con una nuova terapia cellulare a base di staminali embrionali geneticamente modificate testata su topolini con distrofia muscolare di Duchenne appena pubblicato su Nature Medicine.
Molta attesa anche per la partecipazione di Langdon Miller, Direttore Clinico della PTC Therapeutics, che illustrerà i risultati della sperimentazione condotta con il PTC124 in alcuni pazienti affetti da Distrofia di Duchenne, che comincerà anche in Italia nei prossimi mesi.
Per parlare di ricerca saranno presenti Giulio Cossu, SCRI San Raffaele di Milano; Annick Martin, AFM/Genethon; Oliver Danos, CNRS – Francia;Irene Bozzoni, Università La Sapienza di Roma; Yvan Torrente, Università di Milano; Maurilio Sanpaolesi, Università di Padova; David Sassoon, Inserm - Francia; Douglas Biggar, Università di Toronto - Canada; Jon Tinsley, SUMMITplc - GB; Annemieke Aartsma-Rus, Università di Leiden – Olanda; Steve Wilton, Università di Western - Australia; Maurizio Cutolo, Università di Genova; Pier Lorenzo Puri, DTI-EBRI Italia/Burnham Istitute USA; Emilio Clementi, Università di Milano eJas Seehra, Acceleron Pharma – USA.
La Distrofia Muscolare di Duchenne e Becker(DMD/DMB) è una malattia rara, la forma più grave delle distrofie muscolari, che viene trasmessa dalle madri attraverso il cromosoma X e colpisce 1 su 3.500 maschi nati vivi. Attualmente non esiste una cura specifica, ma un trattamento da parte di una equipe multidisciplinare che ha permesso di migliorare le condizioni generali e raddoppiare le aspettative di vita. Si stima che in Italia ci siano 5.000 persone affette dalla patologia.
Parent Project Onlus, l'associazione fondata dai genitori con figli affetti dalla distrofia muscolare di Duchenne e Becker, nasce nel 1996 per sconfiggere questa grave distrofia muscolare promuovendo e finanziando la ricerca scientifica. In questi anni ha contribuito, con oltre 1.500.000 euro di investimenti, al finanziamento di più di 50 progetti specifici. Altro obiettivo primario dell'associazione è la formazione e il sostegno, per le famiglie coinvolte dalla malattia. Dal 2002, grazie al Centro Ascolto Duchenne, finanziato dall'ISMA (Istituti Santa Maria in Aquirodi Roma) e dalla Fondazione Peppino Vismara, è attivo un servizio gratuito che fornisce informazioni del quale possono beneficiare, oltre alle famiglie, tutti gli specialisti interessati all'approfondimento.
Il programma del Convegno e la scheda d'iscrizione sono disponibili sul sito www.parentproject.org/italia
Maggiori informazioni sulle attività di Parent Project e del Centro Ascolto Duchenne è possibile riceverle telefonando al Numero Verde 800 - 943 333 o visitando il sito internet www.parentproject.org
Per sostenere la Campagna "Rompere il silenzio" di Parent Project Onlus:
c/cpostale 000049412166 - IBAN: IT18M0760103200000049412166
Banca Popolare Commercio e Industria - IBAN: IT18B0504803205000000010493
 
Stefania Collet ufficiostampa@parentproject.org
Ufficio stampa Parent Project Onlus
Tel. 06 66.18.28.11 - fax 06 66188428
 
Francesca Ceradini f.ceradini@parentproject.org
Responsabile Scientifico Parent Project Onlus
Tel.06 66.18.28.11 - Fax 06 66.18.84.28
 


STAMINALI EMBRIONALI CONTRO LA DMD

downloadUn nuovo studio, pubblicato il 21 gennaio sulla rivista Nature Medicine on-line, propone l’utilizzo di una sottopopolazione di staminali embrionali come possibile futura terapia contro la distrofia muscolare di Duchenne.
Negli ultimi anni molti studi si sono orientati verso le potenzialita’ di una terapia cellulare per la rigenerazione muscolare. I primi lavori si sono basati sull’utilizzo dei mioblasti (che sono cellule progenitrici muscolari, dunque una via di mezzo tra le cellule staminali adulte e le cellule muscolari completamente differenziate dette miociti), ma i ricercatori si sono scontrati con alcuni ostacoli, come la bassa sopravvivenza di queste cellule e la loro limitata capacita’ di migrare nel tessuto muscolare. Altri lavori hanno invece puntato ai vari tipi di cellule staminali adulte isolate dal muscolo o da altri distretti del corpo. Il piu’ promettente di questi studi e’ ancora quello di Giulio Cossu che ha identificato i mesoangioblasticome cellule capaci di rigenerare il tessuto muscolare danneggiato e ripristinare la sua funzionalità, sia in topi che in cani.
Il nuovo lavoro, condotto da un gruppo di ricercatori del Texas (Stati Uniti) e pubblicato su Nature Medicine, si basa sull’utilizzo di cellule staminali embrionali (CSE), cellule che hanno maggiori potenzialita’ rispetto alle cellule staminali adulte ma che presentano anche alti rischi tumorali e, in molti paesi, problematiche etiche.
Per ovviare il problema della potenziale tumorigenicita’, i ricercatori hanno tentato di identificare nelle CSE una sottopopolazione cellulare che potesse coincidere con le cellule progenitrici muscolari. L’utilizzo di avanzate tecniche per la separazione dei diversi “profili cellulari” ha portato all’isolamento di una popolazione omogenea di cellule che mostra una morfologia simile a quella dei progenitori dei mioblasti. Una serie di analisi ha successivamente dimostrato che, seppur mantenendo alcune delle caratteristiche tipiche delle cellule staminali, queste cellule hanno gia’ intrapreso il cammino differenziativo verso la linea cellulare muscolare.
In una seconda fase dello studio, le potenzialita’ di queste cellule sono state testate in topi  mdx, mediante iniezione nel muscolo tibiale anteriore. Le analisi effettuate sulla biopsia del muscolo mostrano che le cellule sono in grado di integrarsi bene nel tessuto muscolare e che si ha un’espressione della Distrofina, che rimane presente fino a 3 mesi dopo la somministrazione delle cellule. Inoltre, l’utilizzo di cellule staminali “programmate” in senso muscolare non ha causato nessun evento tumorale.
Per rendere la tecnica piu’ efficiente, ovvero per estendere i risultati ai vari muscoli del corpo, i ricercatori hanno iniettato le cellule nei topi mdx per via sistemica (cioè in tutto l’organismo per via intra-venosa o intra-arteriale). I risultati si sono dimostrati, ancora una volta, positivi: si ha un incremento dell’espressione della distrofina del 11-16%, un effetto osservato fino a 22 settimane dopo l’introduzione delle cellule, e nessun evento tumorale. Analisi di approfondimento sono state successivamente effettuate per quel che riguarda la funzionalita’ del muscolo. Dopo iniezione delle cellule per via sistemica, i ricercatori hanno osservato un miglioramento nella capacita’ contrattile del muscolo tibiale anteriore dei topi.
L’interesse di questo lavoro risiede nell’identificazione di una nuova fonte cellulare come possibile futura terapia per la distrofia muscolare, si tratta comunque di uno studio ancora a livello pionieristico. Ci sono molti aspetti che devono essere ancora approfonditi dai ricercatori prima che si possa parlare di sperimentazione clinica sull’uomo e di cellule staminali embrionali come cura per la Duchenne. Per adesso gli scienziati pensano a fare un passo dopo l’altro.


Quanta distrofina è necessaria per cominciare a vedere qualche risultato funzionale?

graphIn tutti gli approcci terapeutici molecolari e cellulari, mirati a ripristinare l’espressione della proteina distrofina nel muscolo dei pazienti Duchenne/Becker, uno degli interrogativi fondamentali e’ quale sia il livello minimo di proteina sufficiente per contrastare la patologia.
Sappiamo che la distrofina e’ una proteina della membrana della fibra muscolare che agisce da ponte elastico tra l’actina (una proteina contrattile) del citoscheletro e la matrice extracellulare, e che preserva l’integrita’ di membrana durante la contrazione muscolare. L’assenza della proteina distrofina e’ alla base della distrofia muscolare di Duchenne/Becker, patologia in cui il muscolo scheletrico e’ il piu’ colpito ma che vede anche un coinvolgimento cardiaco che si manifesta sia sotto forma di cardiomiopatia dilatativa sia con disturbi del ritmo. Molti studi precedenti hanno dimostrato come alcune mutazioni nel gene della distrofina siano responsabili anche di un’altra patologia che colpisce primariamente il muscolo cardiaco: la cardiomiopatia dilatativa legata al cromosoma X (XLDC). In particolare, alcune mutazioni nella regione inziale del gene (5’-XLDC) sono associate ad un quadro clinico di cardiomiopatia piu’ grave,  con esordio piu’ precoce rispetto ad altre mutazioni localizzate nella parte finale del gene (3’-XLDC). Queste mutazioni determinano inoltre l’assenza della proteina esclusivamente nel cuore, questa viene infatti prodotta, seppur in minima quantita’, nel muscolo scheletrico. I pazienti con 5’XLDC sono pertanto in grado di deambulare, il loro muscolo scheletrico esprime la distrofia (anche se in quantita’ inferiori rispetto ad un soggetto sano) e l’unico segno di un coinvolgimento muscolare subclinico e’ un lieve rialzo dell’enzima creatina fosfochinasi serica (CPK).
Per rispondere dunque alla domanda delle famiglie e dei pazienti, seppure in maniera indiretta, abbiamo studiato l’espressione della distrofina nel muscolo scheletrico di pazienti con 5’-XLDC nei quali avevamo in precedenza identificato la mutazione patologica.
Abbiamo caratterizzato il livello del trascritto (cioe’ la quantità della molecola che sarà tradotta in proteina) e della proteina mediante Western Blotting: i livelli rilevati risultano compresi tra il 29% e il 50% rispetto ai valori presenti nei muscoli di controllo.
Sulla base di queste osservazioni è stato possibile concludere che livelli di distrofina compresi tra il 29% e il 57%, rispetto ai livelli tipici di un muscolo sano, sono sufficienti a mantenere una normale e funzionale organizzazione della membrana muscolare qualora la proteina sia presente in modo uniforme in tutte le fibre muscolari.
Ottenere una distribuzione uniforme dell’espressione della proteina e’ dunque un traguardo fondamentale da raggiungere per poter considerare efficiente un qualsiasi approccio terapeutico.
E’ inoltre interessante notare come il livello piu’ basso di espressione della proteina osservato in questi pazienti (29%) sia molto vicino a quello ottenuto introducendo la proteina in topi mdx, che pertanto rappresentano un buon modello di patologia.


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