"Che cosa sono i trial clinici?" - una video animazione per raccontarlo
Oggi, nell'ambito della nostra Conferenza Internazionale, è stato dedicato uno spazio alla presentazione della nuova video animazione “Che cosa sono i trial clinici?”, ideata da Parent Project e realizzata dall’illustratrice Laura Di Francesco, con il supporto tecnico dell’agenzia Cattive Produzioni.
L'animazione ha l'obiettivo di offrire alle famiglie una prima introduzione al complesso mondo dei trial clinici, raccontati attraverso lo sguardo di un piccolo paziente e dei suoi genitori. Questi protagonisti si confronteranno con gli elementi basilari del funzionamento di uno studio clinico ma anche, e soprattutto, con gli aspetti psicologici, sociali e pratici di questa esperienza, che hanno un impatto nella vita quotidiana di chi vi partecipa.
Questo strumento informativo ha beneficiato del contributo delle seguenti aziende - Sarepta, Pfizer, Roche, Italfarmaco, Solid, Wave e Catabasis - che Parent Project ringrazia per il prezioso supporto.
Il video è disponibile sul canale YouTube dell'associazione, con sottotitoli in inglese, al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=jCmuD-b-4AQ
Report finale del progetto di ricerca "Utilizzo di cellule di Sertoli microincapsulate nella distrofia muscolare di Duchenne. Verso l’applicazione sui pazienti”
Il progetto, guidato da Guglielmo Sorci dell’Università di Perugia, della durata di due anni e finanziato da Parent Project aps, aveva come razionale quello di valutare l'effetto antiinfiammatorio delle cellule di Sertoli per combattere il processo infiammatorio e degenerativo del tessuto muscolare nella DMD con l'obiettivo di studiare alcuni parametri chiave della strategia per poter valutare il passaggio dagli studi preclinici alla sperimentazione clinica sui pazienti
Il team di Guglielmo Sorci, Professore di Anatomia Umana presso il Dipartimento di Medicina Sperimentale all'Università di Perugia, conclude il progetto di ricerca da noi finanziato e presenta alla comunità Duchenne un video con i principali risultati. Il progetto ha visto impegnate in tutte le fasi della ricerca sperimentali due giovani e promettenti ricercatrici della stessa università, Sara Chiappalupi e Laura Salvadori, che grazie al progetto hanno usufruito di un assegno di ricerca. Il progetto è iniziato il primo marzo del 2017 e, con un'estensione di pochi mesi per portare a termine il lavoro, è terminato il 28 agosto 2019.
Le cellule di Sertoli(SeC) sono presenti nei tubuli seminiferi del testicolo e hanno due funzioni principali:
- separare le cellule germinali in via di sviluppo (quelle cellule che diventeranno spermatozoi) dal letto vascolare. Sono quindi una barriera fisica che impedisce al sistema immunitario di attaccare gli spermatozoi riconosciuti come cellule estranee all’organismo;
- secernere fattori trofici (nutritivi) e immunoregolatori, questi ultimi concorrono a bloccare localmente il sistema immunitario che altrimenti attaccherebbe le cellule germinali, riconosciute come estranee
In questo progetto, le SeC utilizzate sono state prelevate da testicoli di maiali prepuberi. Attualmente si utilizzano cellule di maiali SPF, Specific Pathogens Free, ovvero certificati per assenza di patogeni, idonei anche per trapianti nell’uomo. Le cellule di Sertoli sono state quindi isolate, purificate e incapsulate in alginato di bario, inerte e innocuo per l’uomo (le SeC-MC attualmente sono un prodotto brevettato). Questa importante parte del progetto è stata effettuata grazie alla collaborazione con i professori Giovanni Luca e Riccardo Calafiore dell’Università di Perugia.
Dati precedenti avevano evidenziato, a seguito di un singolo inoculo intraperitoneo di SeC microincapsulate (SeC-MC) nei topi distrofici (mdx), un netto miglioramento della morfologia muscolare, con riduzione della necrosi e dell’infiammazione e con un recupero della funzionalità muscolare sia nella fase acuta che in quella cronica della patologia.
Il gruppo di ricerca ha dimostrato che questi effetti delle SeC sui muscoli distrofici sono dovuti a due principali meccanismi d’azione:
- il rilascio di fattori antiinfiammatori e immunomodulatori responsabili della riduzione dell’infiammazione;
- il rilascio di una proteina chiamata eregulina beta 1 che, attraverso il sangue, arriva nei muscoli e stimola la produzione di utrofina.
Utrofina e distrofina sono due proteine molto simili che hanno una funzione corrispondente nei muscoli ed è stato dimostrato che l'utrofina può sostituire funzionalmente la distrofina nel topo. Nel muscolo degli adulti l'utrofina è poco espressa mentre sostituisce naturalmente la distrofina nel feto e nella rigenerazione muscolare dopo un danneggiamento.
I principali obiettivi del progetto del gruppo del Professor Sorci erano:
- acquisire una conoscenza più dettagliata della biologia delle SeC all’interno delle microcapsule;
- effettuare uno studio dose-risposta per individuare la dose minima efficace di SeC-MC;
- indagare in dettaglio il meccanismo d’azione alla base degli effetti benefici indotti dalle SeC;
- dimostrare l’effetto immunomodulatorio e non immunosoppressivo delle SeC;
- dimostrare la sicurezza di trattamenti con SeC-MC a lungo termine
Riassumiamo i principali risultati del progetto:
- le cellule incapsulate potrebbero andare incontro a divisione cellulare, a morte cellulare o ad altri eventi che ne potrebbero in qualche modo influenzare l’azione. Pertanto, le microcapsule pronte per l’inoculo nella cavità peritoneale sono state analizzate al microscopio elettronico. I dati ottenuti dimostrano che la procedura di inclusione non altera la morfologia e la vitalità delle SeC in esse contenute;
- con esperimenti di co-coltura, in cui vengono messi in coltura i miotubi (i precursori delle fibre muscolari) insieme alle SeC, è stato dimostrato che le SeC sono capaci di indurre l’espressione di utrofina anche in miotubi di cani distrofici (GRMD) e di pazienti DMD con diversi tipi di mutazione nel gene della distrofina, con lo stesso meccanismo dimostrato in precedenza nei topi mdx;
- i ricercatori hanno dimostrato che anche dosi di SeC-MC più basse (fino a 10 volte inferiori) rispetto a quelle usate finora sono capaci di fornire effetti positivi a livello muscolare una volta iniettate nella cavità peritoneale, rappresentando una condizione vantaggiosa nel caso di un eventuale passaggio all’applicazione sull’uomo. Hanno quindi evidenziato un miglioramento nella morfologia muscolare, una risoluzione dell'infiammazione e una maggiore espressione di utrofina nei topi distrofici;
- in un altro modello animale, il topo mdx/Utrn-/-, che non è in grado di esprimere utrofina, l'inoculo intraperitoneo di SeC ha indotto un miglioramento della morfologia muscolare e una significativa riduzione dell'infiammazione. Ciò sta a indicare che l'effetto antiinfiammatorio indotto dalle cellule di Sertoli è indipendente dalla up-regolazione dell'utrofina, a sua volta indotta dal rilascio della eregulina beta 1;
- i ricercatori hanno dimostrato che le SeC sono in grado di proteggere i miotubi dall’atrofia indotta artificialmente in vitro con diversi metodi [privazione di nutrienti, agenti pro-infiammatori e atrofizzanti (citochinine), un glucocorticoide (desametasone)], rivelando un’ulteriore potenzialità di queste cellule;
- topi precedentemente iniettati con SeC-MC e successivamente iniettati per via sottocutanea con cellule LLC (carcinoma polmonare di Lewis) o con cellule che provocano melanomi, hanno mostrato una crescita tumorale simile ai topi iniettati con microcapsule vuote (E-MC). Ciò indica che le cellule di Sertoli non hanno attività immunosoppressiva, non influenzano l'insorgenza del tumore e non favoriscono la crescita del tumore stesso. Tuttavia, i topi iniettati con SeC-MC hanno mostrato una significativa riduzione delle metastasi e riduzione generale dell'invasività dei tumori, una minore riduzione del peso corporeo indotta dal tumore nel tempo e una ridotta atrofia muscolare indotta dal cancro, rispetto ai topi di controllo. Complessivamente, questi risultati suggeriscono che le SeC esercitano un effetto immunomodulatorio anziché immunosoppressivo, supportandone ulteriormente l'uso come potenziale trattamento dei pazienti con DMD;
- allo stesso modo, è stato osservato che topi inoculati con SeC-MC nella cavità peritoneale che erano stati precedentemente infettati con Aspergillus fumigatus, il fungo che più comunemente colpisce i polmoni di soggetti immunocompromessi, o con Candida albicans per via intragastrica, rispondono meglio e debellano l’infezione prima dei topi di controllo (infettati con l’agente patogeno ma non inoculati con le SeC-MC), confermando l’effetto immunomodulatorio delle SeC
Questi dati, insieme a quelli ottenuti nel punto precedente con le cellule tumorali, dimostrano che la presenza delle SeC-MC non compromette la risposta immunitaria nei topi, confermando un loro ruolo immunomodulatore ma non immunosoppressivo. Le celluledi Sertoli non sono quindi immunosoppressive, anzi rilasciano fattori che favoriscono una più rapida risoluzione dell'infezione provocata da diversi agenti patogeni.
A cura dell'Ufficio Scientifico di Parent Project aps
Potete leggere ulteriori informazioni su questo progetto al seguente link e il report del primo anno nella pagina dei progetti del nostro sito web.
REPORT FINALE DEL PROGETTO DI RICERCA LA PKC THETA COME BERSAGLIO TERAPEUTICO PER CONTRASTARE LE COMPLICAZIONI TARDIVE DELLA DMD
Iniziato a marzo del 2018, il progetto biennale guidato da Marina Bouchè del Dipartimento di Scienze Anatomiche, Istologiche, Medico legali e dell’Apparato Locomotore dell'Università La Sapienza di Roma aveva come obiettivo principale quello di identificare e caratterizzare le cellule immunitarie responsabili dell’attivazione del processo infiammatorio nel cuore e nel diaframma distrofico per valutare l’applicabilità di nuovi potenziali trattamenti mirati a contrastare le complicanze tardive nella distrofia muscolare di Duchenne
In questo progetto abbiamo voluto indagare l’efficacia di un approccio farmacologico antinfiammatorio, alternativo ai cortisonici, per la distrofia muscolare di Duchenne, al fine di migliorare la cardiomiopatia che colpisce la grande maggioranza dei pazienti distrofici. In particolare, abbiamo utilizzato un inibitore della PKCθ, una protein chinasi cruciale per l’attivazione della risposta immune, il C20. Precedentemente avevamo dimostrato la sua efficacia nel prevenire gli eventi precoci della patologia, a livello del muscolo scheletrico, utilizzando nei topi mdx. Con questo progetto, sempre nello stesso modello animale, abbiamo voluto indagare la sua efficacia nel prevenire le complicazioni cardio-respiratorie tardive della DMD.A oggi, grazie all’introduzione delle tecniche di ventilazione assistita e ai farmaci per la prevenzione dell’insufficienza cardiaca, l'aspettativa di vita dei pazienti si è molto allungata (terza o quarta decade). Resta comunque necessario e cruciale esplorare approcci terapeutici volti a ridurre i processi infiammatori tipici di questa patologia nonché sperimentare molecole alternative ai glucocorticodi. Infatti, fra i moltissimi effetti collaterali sul lungo periodo, c’è per esempio l’induzione di atrofia nelle fibre muscolari, azione esattamente contraria a quella desiderata. Ciononostante, il miglioramento che si ottiene nelle prime fasi di utilizzo dei cortisonici rafforza il concetto che ridurre l’infiammazione muscolare incontrollata che accompagna la progressione della patologia possa aiutare a ridurre il danno muscolare, e di conseguenza la sostituzione di tessuto muscolare danneggiato con tessuto fibrotico non contrattile.
Risulta evidente da queste considerazioni, e in assenza di una cura definitiva, la necessità di cercare approcci antinfiammatori differenti, più specifici e con meno effetti collaterali. A tal proposito, il nostro gruppo di ricerca ha precedentemente sperimentato con successo un approccio farmacologico basato sull’inibire specificamente una proteina presente nei linfociti T, chiamata PKC theta. Questa proteina risulta importante nell’attivazione di queste cellule, che giocano un ruolo di “pilota”, organizzando e indirizzando le altre cellule immunitarie. L’inibitore specifico della PKC theta, chiamato C20, è risultato efficace nel prevenire il danno ai muscoli degli arti inferiori di un modello animale di DMD, il topo mdx. Ci siamo dunque chiesti se questo approccio potesse essere utile anche nel prevenire o rallentare l’insorgere della patologia cardiaca.
Durante il primo anno di finanziamento abbiamo intrapreso una caratterizzazione dettagliata dell’andamento della fibrosi e dell’infiltrato infiammatorio nel diaframma e nel cuore in topi mdx di diverse età, da 1 a 11 mesi di età. Per quel che riguarda il diaframma, il tessuto fibrotico si accumula già precocemente, a 1 mese di età, e aumenta con l’aumentare dell’età e la progressione della patologia, fino a rappresentare più del 50% dell’organo a 11 mesi di età, il che presumibilmente dovrebbe alterarne la funzionalità. Abbiamo inoltre osservato un picco di infiltrato infiammatorio a 1 mese di età, del tutto simile a quello precedentemente osservato nel muscolo delle zampe, che poi si riduce a livelli paragonabili a quelli osservati in animali non distrofici. Nel cuore, la fibrosi comincia a essere evidente più tardi, a partire dai 6 mesi di età, e aumenta progressivamente, anche se non raggiunge livelli particolarmente elevati. Anche in questo organo abbiamo osservato un picco di infiltrato infiammatorio a 1 mese di età e uno successivo a 11 mesi. Dal punto di vista qualitativo, le cellule che popolano il miocardio (componente muscolare del cuore) di topi mdx distrofici sono i macrofagi (51%) a cui seguono i linfociti B (28%), i neutrofili (8%), i linfociti T (7%) e i monociti a diversi stadi di attivazione (6%).
I macrofagi “residenti” sono cellule immunitarie con funzione di “sentinella” in grado di richiamare neutrofili e monociti dal circolo sanguigno con cui collaborano per la rimozione dei detriti cellulari nel tessuto danneggiato, creando un ambiente “infiammatorio” che, qualora persistente, può compromettere il mantenimento del tessuto. I macrofagi possono però anche acquisire funzioni diverse, contribuendo invece alla deposizione di tessuto fibrotico o anche al riparo del tessuto. Anche i linfociti B e T, reclutati dal circolo sanguigno in risposta al danno, contribuiscono all'attività delle altre cellule. L’abbondanza relativa delle singole popolazioni cellulari, la funzione che acquisiscono e la loro interazione determina la qualità dell’ambiente, contribuendo o meno alla fibrosi o al riparo del tessuto
Considerando la tardiva insorgenza della fibrosi cardiaca nel topo mdx, abbiamo progettato un protocollo di esercizio forzato in stile “cardio”, mirato a far lavorare il cuore e di conseguenza accelerarne il decorso patologico. Infatti, il topo mdx è un modello geneticamente molto aderente alla DMD, ma presenta una patologia cardiaca più lieve e tardiva rispetto ai pazienti. Per aggravare e velocizzare l’insorgenza delle alterazione cardiache nel topo mdx, senza introdurre nuove mutazioni o altre alterazioni genetiche abbiamo quindi progettato un protocollo di esercizio allo scopo di rendere il quadro clinico più simile a quello umano. In alternativa, esistono modelli animali in cui la cardiomiopatia è più grave che nell’mdx, ma ciò è conseguenza di ulteriori alterazioni geniche (per esempio il topo in cui oltre alla distrofina manca anche l’utrofina, oppure in cui è stata alterata l’espressione della telomerasi), che non rappresentano quindi le alterazioni geniche dei pazienti DMD. Come primo passo in questo studio abbiamo dimostrato che, in risposta al protocollo di esercizio da noi stabilito, il topo mdx (che definiamo “mdx esercitato”, mdx-ex) presenta già a tre mesi di età la patologia tipica di topi di un anno, in termini di fibrosi ventricolare, ingresso di cellule infiammatorie e morte (necrosi) dei cardiomiociti. Un punto importante è che le alterazioni morfologiche osservate sono accompagnate da trasformazioni funzionali e le analisi ecocardiografiche, mirate ad analizzare la capacità del cuore di pompare sangue nell’aorta, hanno infatti dimostrato un netto peggioramento dell’mdx-ex rispetto all’mdx di controllo della stessa età. Anche in termini di infiltrato infiammatorio, da un punto di vista sia quantitativo che qualitativo, il topo mdx-ex è sovrapponibile a quello osservato in topi mdx di 11-12 mesi. Rispetto all’mdx, abbiamo quindi generato un modello più idoneo allo studio della patologia cardiaca distrofica,.
Utilizzando il modello mdx-ex abbiamo quindi sperimentato l’approccio farmacologico. I topi mdx di 3 settimane di età sono stati trattati con il C20 alla dose di 5 mg/kg due volte a settimana per via intraperitoneale. Un gruppo di controllo ha invece ricevuto un placebo. Dopo una settimana, ambedue i gruppi di animali sono stati sottoposti al protocollo di esercizio per le successive otto settimane. L’analisi morfologica ha dimostrato che il cuore dei topi trattati con il C20 presenta una drastica riduzione di infiltrato infiammatorio, accompagnata da ridotta fibrosi e necrosi dei cardiomiociti, rispetto al gruppo trattato con il placebo. Questo risultato dimostra che l’azione farmacologica mirata verso una sola proteina e un solo tipo di cellula immunitaria può non solo ridurre “a cascata” l’attività di tutte le altre popolazioni immunitarie, ma altresì l’accumulo di danni nel muscolo cardiaco e quindi la sostituzione di tessuto contrattile con tessuto fibrotico.
Il nostro studio rafforza dunque la possibilità di un’azione mirata e non generica per contrastare l’infiammazione muscolare della DMD, oltre a fornire un modello del topo mdx più idoneo per lo studio di eventuali strategie farmacologiche finalizzate alla prevenzione o al trattamento della patologia distrofica nel cuore. Inoltre, i nostri risultati confermano la proteina PKC theta come possibile bersaglio farmacologico per prevenire processi infiammatori, non solo nella DMD ma anche in altre patologie caratterizzate dalla risposta abnorme del sistema immunitario.
La nostra speranza è che i risultati di questo studio consentano lo sviluppo di una nuova terapia farmacologica efficace che possa essere sperimentata con studi clinici per i pazienti affetti da distrofia muscolare di Duchenne.
I risultati di questo studio sono oggetto di due manoscritti in preparazione.
Due nuove Consulte Malattie Neuromuscolari in Sardegna e in Toscana
Dopo la Consulta Malattie Neuromuscolari del Piemonte e della Valle d’Aosta, nata a gennaio 2020, anche altre due regioni – la Sardegna e la Toscana - hanno visto, di recente, la creazione di organismi analoghi. Queste reti si pongono l’obiettivo di lavorare sulle esigenze e le problematiche comuni delle persone che convivono con queste patologie (in particolare in relazione all’accesso ai servizi sanitari locali ed alla presa in carico clinica) ma anche su tematiche trasversali come quella, molto attuale, delle vaccinazioni anti Covid19. Le voci delle diverse realtà si uniscono per avere maggiore forza nel portare all’attenzione delle istituzioni questi temi, in un dialogo costruttivo.
Anche nel caso di queste due realtà, come era stato per la Consulta piemontese, Parent Project è stata una dei nodi presenti fin dall’inizio nelle rispettive reti e partecipa direttamente alla vita delle due Consulte attraverso i propri rappresentanti.
La Consulta della Sardegna è formata dalla UILDM Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) di Sassari e dalle Associazioni ASAMSI (Associazione per lo Studio delle Atrofie Muscolari Spinali Infantili), AICMT (malattia di Charcot-Marie-Tooth), AIVIPS (Vivere la Paraparesi Spastica), Famiglie SMA (Atrofia Muscolare Spinale), Gli Equilibristi HIBM (Miopatia GNE o Miopatia Ereditaria a Corpi Inclusi o HIBM) e Parent Project.
La Consulta della Toscana, dunque, è composta dalle Sezioni UILDM di Arezzo, Firenze, Montecatini, Pisa e Versilia e dalle Associazioni ACMT-Rete e AICMT, AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica), ASAMSI, Famiglie SMA, Mitocon (Malattie Mitocondriali) e Parent Project.
Segnaliamo su questo tema anche la notizia pubblicata sul sito UILDM: https://www.uildm.org/sardegna-e-toscana-due-nuove-consulte-malattie-neuromuscolari
Toc toc! E’ in arrivo “A Pasqua fai una sorpresa alla ricerca”
Si avvicina la primavera, e anche a Parent Project la
sentiamo: infatti stiamo iniziando a preparare la nuova edizione de "A Pasqua fai
una sorpresa alla ricerca", la grande campagna che anche quest’anno,
grazie a voi, diffonderà in tutta Italia i deliziosi prodotti forniti
attraverso la collaborazione con La Casa del Dolce di Ciampino (RM).
I
prodotti disponibili, come sempre golosissimi, sono:
-
le uova con sorpresa da 300 g, disponibili al cioccolato al
latte oppure fondente, in confezione dedicata a Parent Project, da diffondere
dietro offerta di 12 euro;
-
la colomba tradizionale oppure con gocce di cioccolato da 1
kg, in confezione dedicata a Parent Project, per un'offerta di 15 euro.
Potete scaricare qui la locandina, da diffondere attraverso messaggi ad amici, familiari e gruppi frequentati, tramite i canali social e nei luoghi della vostra vita quotidiana.
I
prodotti sono disponibili anche per ordini aziendali.
Si
precisa che, sia per le uova sia per le colombe, il numero minimo di pezzi
ordinabile per tipologia è di 6 unità (es. minimo 6 uova al cioccolato
fondente, 6 uova al cioccolato al latte, 6 colombe tradizionali, ecc.).
Per qualunque informazione e per ordinare i vostri prodotti potete contattare l’Area Raccolta fondi al numero 349/5100478 o via email a segreteria@parentproject.it.
Aspettiamo
le vostre prenotazioni!:-)
Grazie per aver fatto parte del nostro Natale Goloso!
Abbiamo avviato questa campagna in autunno con tanti
punti interrogativi: non sapevamo, da un giorno all'altro, di che colori si
sarebbero dipinte le nostre regioni, se i Dpcm avrebbero bloccato i nostri
folletti, se la situazione generale sarebbe stata abbastanza sicura da
permettere alle nostre famiglie e ai nostri volontari di partecipare con
serenità alla diffusione.
Ancora una volta, l'energia, l'entusiasmo e la voglia
di fare e di condividere della nostra comunità sono stati sbalorditivi: al
netto delle difficoltà, dei ritardi nelle spedizioni, delle limitazioni di
questo Natale così diverso dal solito, siamo stati davvero forti!
Un grazie di cuore a tutti coloro che hanno ordinato
un panettone o che ne hanno confezionati 237 in una notte, che hanno consegnato
agli amici rimanendo a distanza, che hanno donato online, che hanno tartassato
di messaggi tutti i gruppi del mondo.
Tutti insieme, abbiamo raccolto oltre 250.000 euro: un risultato importante, che segna un nuovo inizio per le nostre attività di raccolta fondi dopo le grandi difficoltà del 2020, legate alla pandemia.
Se continueremo a garantire il sostegno alla ricerca e ai nostri pazienti, è anche grazie a ciascuno di voi!
Distrofia muscolare di Duchenne: al Policlinico Gemelli prima somministrazione in Italia per la terapia genica presso il Centro NEMO Pediatrico
Condividiamo il comunicato stampa diffuso oggi dal Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, relativo alla prima somministrazione per la terapia genica contro la distrofia di Duchenne, effettuata al Centro Clinico NeMO pediatrico.
Distrofia muscolare di Duchenne: al Policlinico Gemelli prima somministrazione in Italia per
la terapia genica presso il Centro NEMO Pediatrico
Roma, 16 febbraio 2021 - Effettuata la prima
somministrazione per la terapia genica contro la distrofia di Duchenne al Centro Clinico NeMO
pediatrico presso il Policlinico Universitario
A. Gemelli IRCCS. Si tratta del trial clinico di Fase III con PF-06939926
dell’azienda farmaceutica Pfizer.
La distrofia muscolare di Duchenne è causata
dall’assenza della distrofina, una proteina che aiuta le cellule muscolari a
rimanere intatte. L’assenza di distrofina porta a una progressiva degenerazione
muscolare. L’approccio sperimentale di terapia genica sviluppato da Pfizer è
basato sull’utilizzo di una forma ridotta del gene della distrofia associato a
un vettore virale adeno-associato (AAV) che promuove la produzione di una forma
più piccola ma funzionale della proteina: la minidistrofina.
“Grazie agli sviluppi della ricerca stiamo
vivendo un momento importante per la cura della distrofia muscolare di Duchenne”,
dichiara il professor Eugenio Mercuri,
Ordinario di Neuropsichiatria Infantile all’Università Cattolica, campus di Roma e Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Neuropsichiatria
Infantile della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS. “La
terapia genica rappresenta un’importante opportunità che si aggiunge alle altre sperimentazioni in
corso e opzioni terapeutiche oggi in uso e ai progressi avvenuti dal punto di
vista di presa in carico multidisciplinare di questa patologia”.
Il trial
clinico di Fase III con PF-06939926 è multicentrico, in doppio
cieco, controllato con placebo e prevede il reclutamento, a livello globale, di
99 pazienti con distrofia muscolare di Duchenne dai quattro agli otto anni,
deambulanti e in trattamento stabile con steroidi.
“La comunità
Duchenne e Becker guarda con grande attenzione e speranza all'avvio di questo
trial clinico in Italia”, dichiara Luca
Genovese, Presidente di Parent Project aps, l'associazione di pazienti e
genitori di figli con questa patologia rara. “Studi all'avanguardia come questo
sono molto attesi ma anche complessi ed è importante che le famiglie e i
pazienti siano il più possibile consapevoli del loro funzionamento; in questo
le associazioni giocano un ruolo chiave. Negli ultimi anni Parent Project è
stata un collettore di domande, dubbi, aspettative riguardo alla terapia genica
e ha iniziato a operare in questa direzione. Tra le altre iniziative, abbiamo
elaborato la brochure a fumetti "Un gene in missione speciale" e
organizzato un webinar sul tema entrambi disponibili sul nostro sito, oltre,
naturalmente, a renderci parte attiva nel reclutamento. Auspichiamo che lo
studio in partenza possa portare, nei prossimi anni, risposte importanti sulle
questioni cruciali con le quali i ricercatori si stanno confrontando”.
I piccoli
pazienti che prendono parte alla sperimentazione ricevono la terapia genica
sperimentale all’inizio dello studio o dopo un anno dal trattamento con
placebo: il follow-up dello studio è di cinque anni, ma i risultati inizieranno
a essere analizzati già dopo un anno e si baseranno sui dati di funzionalità
muscolare.
Una lettera aperta sul tema dei vaccini al Ministro della Salute
Al Ministro della Salute
e per conoscenza al Consiglio dei Ministri
alle Regioni
ed al Comitato tecnico-scientifico
Gentile Ministro,
le scrivo a nome di Parent Project aps, l’associazione
italiana di pazienti e genitori di figli con distrofia muscolare di Duchenne e
Becker.
In questi mesi
molta attenzione è rivolta, da parte dell’opinione pubblica, al tema dei
vaccini per il covid-19. Molti cittadini con patologie gravi e croniche – per i
quali i rischi potenzialmente derivanti dal contrarre il covid-19 superano, per
gravità, i possibili effetti collaterali del vaccino -
auspicano di poter
essere inclusi nelle prime fasi del piano vaccinale.
Fermo restando
che la vaccinazione deve rimanere una scelta ed una responsabilità individuale (supportata
dal proprio medico curante), la tutela dei pazienti più fragili e dei loro
caregiver rientra in una visione di responsabilità collettiva.
Proprio in quest’ottica
la contattiamo per invitarla ad affrontare tempestivamente l’inclusione nel
piano vaccinale di questi pazienti e di chi li assiste e/o convive con loro, stabilendo
una scala di priorità.
Tra i pazienti che attendono il vaccino ci sono i ragazzi e i giovani adulti
che fanno parte della comunità di pazienti con distrofia muscolare di Duchenne
e Becker (DMD/BMD), grave patologia genetica rara, che comporta la
degenerazione dei tessuti muscolari, non ha ancora una cura, e richiede una
complessa presa in carico multidisciplinare per garantire la migliore qualità
di vita possibile.
I giovani
pazienti che convivono con la DMD o la BMD rappresentano una fetta di
popolazione particolarmente vulnerabile a complicanze di tipo respiratorio
anche gravi, specie a partire dall'adolescenza e devono, quindi, essere
particolarmente tutelati rispetto al rischio di contrarre il covid-19.
Un discorso
analogo vale per tutta la sfera delle malattie neuromuscolari (nel cui ambito
rientra la DMD/BMD); queste patologie sono numerose, e al loro interno si
ritrovano quadri clinici diversificati. Per questo suggeriamo alle Istituzioni
di organizzare, quanto prima, un incontro con le maggiori società scientifiche specializzate
in malattie neuromuscolari, in seguito al quale poter stilare criteri temporali
di inclusione nel piano vaccinale calibrati rispetto alle reali esigenze dei
pazienti e dei loro familiari e caregiver.
Siamo certi che
saprete dedicare l'attenzione necessaria a questa problematica e rimaniamo a disposizione
per ogni approfondimento.
Luca Genovese
Presidente Parent Project aps
Sottoscrivono la lettera:
Andrea Bes.
Affetto da SMA 3
Consulta Malattie Neuromuscolari - Piemonte e Valle d'Aosta
Consulta Malattie Neuromuscolari - Sardegna
Consulta Malattie Neuromuscolari - Toscana
Associazione
AltroDomani Onlus
Sezione UILDM
“Paolo Otelli” di Chivasso (TO)
Sezione UILDM
“Andrea Cau” di Sassari
Report progetto Caratterizzazione del profilo genetico dei FAP durante la progressione della DMD e il trattamento con inibitori delle HDAC
Iniziato nel 2016, il progetto triennale di dottorato di ricerca di Luca Tucciarone coordinato da Pier Lorenzo Puri e Silvia Consalvi presso la Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma aveva come obiettivo principale quello di capire se esistono trattamenti in grado di ripristinare il corretto linguaggio con cui i FAPs coordinano le attività delle cellule in modo da favorire la rigenerazione muscolare nella DMD
Introduzione
Questo progetto di ricerca, finanziato da Parent Project aps e coordinato dal Dr. Pier Lorenzo Puri, ha consentito al team di ricercatori Silvia Consalvi e Luca Tucciarone di estendere i propri studi nell’ambito del trattamento farmacologico con gli inibitori delle HDAC (HDACi) per la Distrofia Muscolare di Duchenne (DMD). In particolare, l’associazione di pazienti e genitori con figli affetti da distrofia muscolare di Duchenne e Becker -Parent Project aps- ha finanziato il progetto di dottorato di ricerca della durata di tre anni del Dr. Luca Tucciarone, presso la Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma. Dopo anni di ricerca nel campo della DMD, il gruppo diretto da Puri ha identificato il potenziale terapeutico degli HDACi nel contrastare la progressione della patologia e ha svolto gli studi preclinici (Minetti et al. 2006; Consalvi et al., 2013) che hanno permesso di portare il primo HDACi -Givinostat– in sperimentazione clinica su pazienti affetti da DMD (Bettica et al. 2015).
Studi precedenti svolti dal gruppo di Puri avevano evidenziato come gli effetti benefici degli HDACi siano ottenuti attraverso la loro azione su una popolazione cellulare che svolge un ruolo chiave durante la rigenerazione muscolare, i progenitori fibroadipogenici (FAPs). I FAPs sono delle cellule che si trovano negli interstizi del tessuto muscolare e svolgono una doppia funzione di supporto nei confronti delle cellule staminali del muscolo (le cellule satelliti) durante il processo di riparazione del tessuto muscolare. Ovvero, in seguito a una lesione muscolare, i FAPs rilasciano fattori di crescita in supporto all’espansione e al differenziamento delle cellule staminali muscolari in miofibre e al contempo cambiano la composizone della matrice extracellulare interstiziale per facilitare la proliferazione e la migrazione delle stesse cellule staminali muscolari. Tuttavia, queste funzioni sono normalmente circoscritte in un ambito temporale compatibile con il completamento della rigenerazione muscolare. In condizioni di attivazione cronica e ripetuta della rigenerazione muscolare, come nella DMD, iFAPs si ritrovano a “lavorare” ininterrottamente per promuovere l’azione delle cellule staminali, perdendo progressivamente la loro capacità di supporto per le cellule staminali muscolari e acquisendo un fenotipo pro-fibrotico eadipogenico “costitutivo”. Ciò porta alla produzione di tessuto adiposo e fibrotico – gli eventi patologici che determinano la sostituzione di materiale contrattile con quello fibrotico e adiposo nei muscoli dei pazienti affetti da DMD negli stadi tardivi della patologia, in cui si assiste alla perdita della loro capacita’ contrattile.
Da studi pre-clinici su modelli murini della DMDcondotti dal gruppo di ricerca del Dr. Puri è emerso che il trattamento con HDACi induce i FAPs sa mantenere un’ azione pro-rigenerativa e previene la loro conversione in effettori cellulari della degenerazione fibro-adiposa dei muscoli. Gli stessi studi hanno tuttavia evidenziato che questi effetti terapeutici degli HDACi sono circoscritti nelle fasi precoci della patologia. La perdita degli effetti terapeutici degli HDACi, osservata negli stadi più avanzati della DMD, è almeno in parte dovuta a una resistenza dei FAPs agli HDACi (Mozzetta et al., 2013; Saccone et al., 2014).
Il passo successivo è stato quello di chiederci quali sono i meccanismi alla base della perdita di responsività agli HDACi da parte di FAPs dei muscoli a stadi tardivi della patologia e quali sono le alterazioni che durante la progressione della patologia conferiscono la resistenza al trattamento con HDACi.
È proprio su queste domande che si è basato il presente progetto di ricerca. Vale la pena sottolineare che la risposta a queste domande –che è l'obiettivo principale di questo studio - va ben oltre la curiosità scientifica che da sempre affama i ricercatori, poiché mira ad ampliare le attuali conoscenze sul meccanismo d’azione degli HDACi per avere una maggiore consapevolezza del loro utilizzo terapeutico in pazienti distrofici a diversi stadi di progressione della patologia.
Razionale dello studio
Al fine di comprendere i processi alla base della responsività agli HDACi, siamo andati a esplorare nel dettaglio i meccanismi con cui questi farmaci svologono i loro effetti biologici. Gli HDACi sono farmaci che inibiscono l’attivita’ di una classe di enzimi – istone deacetilasi (HDAC) – che regolano l’espressione genica attraverso dei meccanismi cosidetti “epigenetici”, ovvero attinenti a effetti che vanno al di là della genetica, in quanto in grado di influenzare l’attività del genoma senza modificarne la sequenza genica. Tra questi meccanismi esiste un codice di segnali che consiste in modificazioni degli istoni, la componente strutturale che regola l’accessibilitàal DNA delle proteine regolatrici della trascrizione. Una di queste modificazioni consiste nella deposizione di gruppi acetilici su degli aminoacidi (lisine) degli istoni, al fine di rilassare la struttura intorno al DNA e favorire la trascrizione dei geni in prossimità degli istoni. Questo processo, chiamato “acetilazione istonica” viene regolato negativamente dalle HDAC. Pertanto l’uso di HDACi promuove acetilazione istonica e l’espressione di geni altrimenti inibiti da HDAC. Questi farmaci trovano pertanto un’applicazione diretta in condizioni patologiche in cui sia stata identificata un’attivazione incontrollata delle HDAC, come nel caso della DMD (Colussi et al. 2008).
Nel nostro studio ci siamo avvalsi di una tecnologia (chiamata Chromatin Immuno precipitation associated with massive DNA sequencing – ChIPseq) in grado di esplorare l’attivita’ enzimatica delle HDAC e il profilo dell’acetilazione dell’intero genoma dei FAPs isolati da muscoli del modello murino di DMD (i topi mdx) a stadi iniziali e tardivi della patologia, e di valutarne la risposta agli HDACi. In parallelo, abbiamo monitorato l’espressione genica globale da parte delle stesse cellule, attraverso la tecnologia di RNAsequencing (RNAseq), al fine di identificare i geni regolati durante la progressione della patologia e in risposta al trattamento con HDACi
Risultati
I profili di acetilazione istonica identificati dalle analisis di ChIPseq hanno rivelato che i FAPs dei muscoli dei topi mdx a stadi tardivi della patologia acquisiscono un livello costitutivo di attività delle HDAC molto più alto di quello osservato nelle stesse cellule isolate da muscoli di topi mdx a stadi iniziali di patologia stessa. Pertanto il profilo di acetilazione ed espressione del genoma differiscono profondamente nelle FAPsdei muscoli di topi distrofici a stadi successivi di progressione della patologia. In particolare, le nostre analisi bio-informatiche relative all’integrazione dei dataset generati da ChIPseq e RNAseq hanno stabilito che i diversi profli di acetilazione istonica dei FAPs in muscoli di topi distrofici a diversi stadi di progresione della patologia sottendono differenze di espressione genica che conferiscono l’attivita’ pro-rigenerativa ai FAPs dei topi distrofici a stadi iniziali e la conversione da parte di FAPs dei topi distrofici a stadi tardivi in cellule “fibro-adipogeniche”. Sorprendentemente, queste analisi hanno mostrato che gli HDACi sono in grado di alterare il profilo di acetilazione di istoni da FAPs di muscoli distrofici sia a stadi iniziali che avanzati della patologia. Tuttavia, solo in FAPs di muscoli distrofici in stadi iniziali l’effetto di HDACi permetteva un profilo di acetilazione tale da promuovere l’espressione di geni pro-rigenerativi. In FAPs di muscoli distrofici a stadi avanzati l’inibizione di HDAC valeva a ripristinare un profilo di acetilazione istonica simile a quello degli stadi iniziali, ma non era equivalente all’effetto di HDACi sugli stessi FAPs di muscoli a stadi iniziali di progressione della malattia.
Questi risultati indicano che l’inibizione farmacologica di HDAC non è di per sé inefficace a stadi tardivi della DMD, in quanto è in grado di riportare i livelli di acetilazione e l’espressione genica dei FAPs a quelli degli stadi precoci. Un effetto interessante in termini di un potenziale recupero di alcune proprietà biologiche caratteristiche degli stadi iniziali della DMDè la loro capacità rigenerativa “compensatoria”. L’assenza di effetti terapeutici in FAP dei muscoli distrofici a stadi tardivi da parte di HDACi usati agli stessi dosaggi con cui svolgono un’attività terapeutica in FAPs di muscoli distrofici a stadi inizialie con cui inibiscono con uguale efficacia l’attività enzimatica di HDAC sia in stadi iniziali che tardivi, suggerisce l’esistenza di una potenziale soglia terapeutica di acetilazione. Nella DMD questa soglia tende a crescere con la progressione della patologia e non èpiù raggiungibile con gli stessi dosaggi di un farmaco (HDACi) che mostrano attivita’ terapeutica in stadi iniziali, in cui la soglia terapeutica di acetilazione èpiù bassa.
L’identificazione di una potenziale soglia di acetilazione terapeutica ha ispirato una ricerca successiva a questi studi e volta allo sviluppo di combinazioni di farmaci epigenetici con funzioni sinergistiche – per esempio, la ricerca di un farmaco in grado di sinergizzare con HDACi o HDACi tollerabili ad alti dosaggi, in grado di raggiungere una soglia di acetilazione terapeutica in FAPs di muscoli distrofici a stadi tardivi di progressione dellapatologia.
L’analisi del profilo genomico dei FAPs durante la progressione della DMD ha anche mostrato un aspetto biologico di particolare interesse alla luce di un recente nostro studio che ha rivelato come l’azione dei FAPs sulle cellule staminali muscolari venga mediata da minuscole vescicole extracellulari che veicolano delle “istruzioni” sotto forma di acidi ribonucleici e proteine. Nel caso di un muscolo distrofico queste “istruzioni” sono errate e, pertanto, non si ha un’efficiente rigenerazione. Il trattamento con HDACi è in grado di correggere le “istruzioni” rilasciate nelle vescicole, e indurre così le cellule satelliti a esercitare la loro attività pro-rigenerativa e anti-fibrotica (Sandonà et al., 2020). Il nostro studio dimostra adesso chein muscoli distrofici astadi avanzati i FAPs acquisiscono una maggiore capacità di produrre vescicole extracellulari, il cui contributo contribuisce a generare un ambiente senescente e fibrotico. Il trattamento con HDACi riduce la produzione di queste vescicole da FAPs di muscoli distrofici in stadi avanzati. Pertanto, a differenza di quanto succede neiFAPsa stadi precoci, dove gli HDACi modulano il contenuto delle vescicole convertendole in pro-rigenerative e anti-fibrotiche, nel caso deiFAP sa stadi tardivi gli HDACi bloccano solo la produzione di vescicole, perdendone i benefici della loro conversione farmacologica.
Conclusioni:
Questo lavoro chiarisce alcuni aspetti molecolari fondamentali della patogenesi della DMD e svela che quella che era inizialmente considerata una resistenza al trattamentopotrebbe essere bypassata da HDACi tollerati a dosaggi più alti ed eventualmente a co-trattamenti complementari in grado di ripristinare il potenziale rigenerativo degli HDACi. Testare queste ipotesi è sicuramente il nostro prossimo obiettivo. Con il supporto di Parent Project aps, stiamo infatti attualmente valutando strategie terapeutiche in combinazione con gli HDACi per estendere gli effetti benefici del trattamento agli stadi più avanzati della DMD.
Il nostro studio rimarca inoltre il potenziale terapeutico delle vescicole extracellulari come nuovo strumento farmacologico in grado di essere manipolato per veicolare, anche localmente,istruzioni per mantenere l’integrità funzionale dei muscoli distrofici, specialmente in stadi avanzati della DMD.
Infine, pur non determinando un chiaro effetto terapeutico pro-rigenerativo, il trattamento con HDACi a stadi tardivi sottende un nuovo e inatteso effetto anti-senescenza dall’enorme potenziale, in quanto potrebbe ripristinare un ambiente muscolare più permissivo alla rigenerazione e quindi più responsivo a terapie geniche o cellulari. Questo è sicuramente il messaggio più importante per la comunità di pazienti distrofici a stadi avanzati di DMD che restano attualmente esclusi dalla maggior parte dei trial, perché significherebbe tornare a essere candidabili per gli studi clinici e offrire quindi anche a loro la prospettiva di un trattamento. Questa è definitivamente la nostra missione.
Referenze
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