È di circa un mese fa la notizia che la FDA ha approvato Exondys51 (eteplirsen), molecola per la strategia dell’exon skipping e sviluppata da Sarepta Therapeutics, come primo farmaco negli Stati Uniti per il trattamento della distrofia muscolare di Duchenne.

Un annuncio molto atteso dalla comunità Duchenne arrivato dopo un lungo e tortuoso percorso normativo. La notizia ha ovviamente fatto il giro del mondo, ma come si è arrivati a questo risultato? Cosa comporta nella pratica questa approvazione? E cosa rappresenta oggi per i pazienti Duchenne italiani?

Parent Project Onlus, che ha seguito gli sviluppi della strategia dell’exon skipping fin dai suoi albori, vuole fare il punto della situazione e chiarire alcune questioni importanti.

di Francesca Ceradini

Ma partiamo dall’inizio, o meglio dalla fine: il 19 settembre scorso l’Agenzia regolatoria statunitense per gli Alimenti e i Medicinali, Food and Drug Administration (FDA), ha annunciato di aver autorizzato l’impiego di Exondys 51, sviluppato da Sarepta per il trattamento della DMD (leggi il Comunicato Stampa). Exondys51 è indicato specificatamente per i pazienti che hanno una mutazione confermata nel gene della distrofina trattabile con lo skipping dell’esone 51, ovvero circa il 13% della popolazione Duchenne.

La decisione è arrivata in maniera inaspettata visto che ha ribaltato il parere espresso da un gruppo di esperti che, convocato proprio dall’ente regolatorio statunitense, lo scorso aprile aveva sconsigliato l’approvazione del farmaco non ritenendo i dati clinici forniti da Sarepta sufficienti a dimostrarne l’efficacia. In realtà l’FDA non ha completamente ignorato il responso del comitato consultivo, ha infatti inserito Exondys 51 nel percorso di approvazione accelerata (Accelerated Approval), ovvero da un lato ha concesso l’autorizzazione del trattamento ma dall’altro ha imposto all’azienda produttrice di completare gli studi clinici di fase 3 e di fornire i dati necessari per dimostrare i benefici terapeutici. Nel caso in cui tali benefici non verranno confermati l’ente regolatorio statunitense revocherà l’approvazione. Il percorso di approvazione accelerata è solitamente usato per i farmaci rivolti alla cura di malattie che, oltre ad essere gravi o pericolose per la vita, sono caratterizzate da necessità mediche insoddisfatte. Si tratta quindi di uno strumento normativo ideato a vantaggio e a tutela dei pazienti, per consentire di accedere a trattamenti potenzialmente efficaci, già dimostrati come sicuri prima che essi completino l’intero iter regolatorio. In poche parole accorciare i tempi in manera sicura. Finora, Sarepta ha fornito dati da cui emerge che l’aumento dei valori di distrofina osservato con il trattamento Exondys51 può predire, con buona probabilità, un beneficio clinico in alcuni pazienti Duchenne, ma un miglioramento della funzionalità motoria non è ancora stato dimostrato. È questo il dato mancante su cui si baserà il futuro di questa strategia terapeutica.

Si tratta di un’approvazione inaspettata, per via delle difficoltà incontrate sul percorso regolatorio, ma di certo sperata visto l’impegno con cui l’intera comunità Duchenne (ricercatori, biotech e pazienti) ha puntato sulla strategia dell’exon skipping. Una strategia molto innovativa che nasce alla fine degli anni ’90 da studi di ricerca di base sul ruolo degli RNA antisenso e sulla quale Parent Project Onlus (inseme a Parent Project statunitense, olandese e inglese) ha subito focalizzato l’attenzione. Risale al 2004 il primo meeting organizzato da UPPMD (United Parent Projects Muscular Dystrophy) interamente dedicato all’applicabilità dell’exon skipping nella Duchenne, per cui allora esistevano i primi solidi dati pre-clinici su studi portati avanti da diversi gruppi di ricerca nel mondo. I più noti erano gli olandesi (tra cui Annemieke Aartsma-Rus), gli inglesi (guidati da Francesco Muntoni), il gruppo italiano di Irene Bozzoni, gli australiani (guidati da Steve Wilson) e i francesi (guidati da Olivier Danos). Tutti nomi che negli anni hanno partecipato alle conferenze internazionali di Parent Project Onlus per illustrare come procede la ricerca scientifica per la Duchenne. È da quel primo meeting di 12 anni fa, e da tanti altri a seguire, che sono state definite le diverse strade da percorrere per l’exon skipping, una delle quali ci ha portato ai risultati di oggi.

Il primo studio clinico per la DMD basato sull’exon skipping è stato avviato nel 2006, dalla biotech olandese Prosensa, con l’oligonucleotide antisenso (AON) PRO-051 (ora noto con il nome drisapersen o Kyndrisa TM) per lo skipping dell’esone 51. A seguire, sulla base degli studi inglesi, è stato avviato nel 2008 dall’azienda farmaceutica AVI Biopharma (ora nota con il nome Sarepta Therapeutics) un trial di fase 1 per un secondo tipo di AON, allora chiamato AVI-4658 e ora noto come eteplirsen/Exondys 51. Ed è proprio nel 2016, un anno travagliato ricco di belle novità ma anche di delusioni, che sono arrivati i primi verdetti per la possibilità di avere accesso alla terapia.

È infatti di maggio la notizia che BioMarin, al termine di un lungo processo di valutazione che ha portato a giudizi negativi sia da parte del FDA che dell’EMA (Agenzia Europea dei Medicinali) in merito alla richiesta di approvazione per drisapersen/Kyndrisa TM, ha deciso di ritirare la sua richiesta di autorizzazione alla commercializzazione in Europa (leggi il Comunicato Stampa). Seguita poi dall’annuncio di settembre dell’approvazione accelerata di Exondys51 negli Stati Uniti. Una bella notizia, ma non per questo meno sofferta, visto che arriva dopo un tortuoso processo di valutazione dell’efficacia e della tollerabilità della molecola per cui è stato messo in gioco un intenso e prolungato dialogo tra l’agenzia regolatoria statunitense e una coesa comunità Duchenne formata da biotech, ricercatori e pazienti. Il percorso regolatorio del FDA prevede una partecipazione attiva, secondo le regole, dei pazienti e in questo caso l’azione delle associazioni di pazienti con il Parent Project statunitense sempre in prima linea, è stata sicuramente determinante, Innanzitutto, la comunità Duchenne ha presentato al FDA un documento basato sui dati rischio/beneficio che indica come il rallentamento della progressione della malattia sia la priorità più alta per i pazienti DMD. Infine, all’audizione del FDA di aprile, ufficialmente aperta ai pazienti, c’è stata la più grande partecipazione di pazienti che sia stata mai vista in una riunione di un comitato consultivo, un evento che è destinato a fare storia per quanto riguarda il ruolo del paziente nelle decisioni regolatorie. Durante l’audizione Austin, un ragazzo Duchenne di 17 anni ha preso il microfono e ha dichiarato: “Eteplirsen mi ha permesso di mangiare da solo, mi ha dato una possibilità. È tempo di ascoltare i veri esperti”. È stata l’occasione per far capire l’importanza e l’urgenza di ascoltare anche la voce dei pazienti, “i veri esperti della malattia”, che possono finalmente cogliere l’opportunità di diventare interlocutori efficaci, per contribuire alla buona riuscita dell’intero percorso di ricerca clinica e dei processi regolatori.  Questo ha sicuramente avuto un impatto sulla decisione finale del FDA.

Questo importante passo in avanti nel campo dell’exon skipping come possibile terapia per la Duchenne arriva esattamente dopo 10 anni dall’avvio del primo trial, e dopo oltre quindici anni di ricerca scientifica. Tempistiche che rientrano perfettamente in quello che si ritiene sia l’iter di ricerca e sviluppo di una terapia, iter per il quale è anche, purtroppo, previsto un alto tasso di fallimenti. Basti pensare che su 10mila molecole selezionate in laboratorio solo una riesce ad arrivare alla fine del percorso di sviluppo di un farmaco, e di quelle che approdano a uno studio clinico di fase 1 solo il 5% arriva alla fase di autorizzazione in commercio. Dato che poi sale al 65% di successo quando si parla di molecole che hanno raggiunto un trial di fase 3. Numeri che rispecchiano abbastanza bene quello che sta accadendo nella ricerca clinica per la Duchenne e, nello specifico, per l’exon skipping. Su due AON sviluppati per lo skipping dell’esone 51 solo uno è riuscito, al momento, ad ottenere un’approvazione come trattamento per la DMD.

Ma veniamo ora al punto: cosa significa nella pratica questa approvazione per i pazienti?

Come già accennato si tratta di un’autorizzazione di immissione sul commercio, negli Stati Uniti, di Exondys51 come trattamento, mediante infusione intravenosa, per i pazienti che hanno una mutazione trattabile con lo skipping dell’esone 51. Il che vuol dire che Exondys51 è ormai prescrivibile negli Stati Uniti e solo per alcuni pazienti Duchenne. Inoltre, è importante sottolineare che l’approvazione non comporta sempre una tempestiva disponibilità del farmaco sul mercato, ovvero non vuol dire avere automaticamente dal giorno dopo l’accesso alla terapia. Dopo che un farmaco è stato approvato entrano spesso in gioco una serie di procedure burocratiche per la commercializzazione e di variabili legate al costo della terapia e alla rimborsabilità. Tra l’altro, ormai il progresso scientifico è entrato in un’epoca per cui le terapie che vengono sviluppate sono sempre più innovative il che comporta però dei costi di mercato molto alti, che innescano spesso un difficile percorso di negoziazione sul prezzo per rendere il trattamento accessibile a tutti coloro che ne hanno diritto.

Un altro punto fondamentale è che l’approvazione è stata concessa dal FDA e riguarda quindi solo gli Stati Uniti. Purtroppo l’iter di approvazione e successiva commercializzazione di un farmaco è ancora molto frammentario a livello internazionale, ogni nazione agisce con regolamentazioni e tempistiche diverse per ciò che riguarda autorizzazioni, prezzi e rimborsabilità. Una lacuna che si ritrova anche all’interno della Comunità Europea e che riguarda anche i farmaci orfani, nonostante questi abbiano una legislazione ad hoc per promuoverne lo sviluppo. Ne è un chiaro esempio Translarna, per cui vi è stata l’approvazione condizionale da parte dell’EMA come trattamento per la Duchenne nel 2014 e, in Italia, nel giro di pochi mesi il farmaco è stato prescrivibile ai pazienti a carico del SSN grazie a particolari Leggi Nazionali. Accesso che invece è avvenuto in maniera molto diversificata nei vari Paesi della Comunità Europea come, per esempio, solo ad aprile 2016 per l’Inghilterra. Un aspetto che potrebbe risultare particolarmente rilevante per avere accesso al trattamento con Exondys51 anche in Italia sarà la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio (MAA) che Sarepta Therapeutics deve sottoporre all’EMA. Recentemente, l’azienda biotech ha dichiarato di avere intenzione di avviare la procedura entro la fine del 2016. L’intera comunità Duchenne è fiduciosa nel fatto che la recente approvazione della FDA rappresenti una base solida e favorevole per l’approvazione della terapia anche in Europa.

È quindi chiaro che l’approvazione statunitense di Exondys51 non rappresenta il traguardo ma è sicuramente una vittoria e una tappa fondamentale per andare avanti. Molti pazienti non potranno beneficiare direttamente di Exondys51 ma potranno probabilmente beneficiare di ciò che arriverà a seguire. I progressi compiuti fino ad oggi per la Duchenne e quest’ultima approvazione sono sicuramente un’apripista per nuove molecole e ulteriori strategie terapeutiche. Da diversi anni Sarepta Therapeutics sta lavorando su molecole per lo skipping di altri esoni (45 e 53) portando avanti diversi studi clinici. La speranza è di estendere il più possibile l’applicabilità dell’exon skipping che potrebbe, in teoria, essere utilizzato per il trattamento di circa l’80% della popolazione Duchenne.

Ma, molto probabilmente una vera soluzione per arrestare completamente la progressione della patologia arriverà da un approccio combinato di strategie. Un messaggio che la comunità scientifica lancia da anni e che Parent Project Onlus condivide e sostiene. Ed è proprio in quest’ottica che Sarepta ha da pochissimo avviato una serie di nuove collaborazioni. Un primo accordo è stato siglato con Catabasis per combinare la strategia di exon skipping con l’approccio farmacologico, già in corso di sperimentazione per la DMD, basato sulla molecola CAT-1004 per l’inibizione dei processi infiammatori e degenerativi del tessuto muscolare, una seconda alleanza nasce invece con Summit, che sta portando avanti gli studi clinici per l’utilizzo di modulatori dell’utrofina come via di compensazione per l’assenza della distrofina, per portare avanti questa strategia con più forze e con l’esperienza acquisita da Sarepta sui processi regolatori.

Il percorso per arrivare a una valida terapia per la Duchenne, come per tante altre malattie, non è certo semplice, è lungo, tortuoso, con diversi momenti di stallo e di inceretezze. Ma è un percorso che deve seguire un approccio scientifico, leggi e regolamenti rigorosi, basato su studi preclinici e clinici, che seppur faticoso e a volte lento, è l’unico che possa portare a un’approvazione di possibili trattamenti da parte degli enti regolatori. Un percorso che per la Duchenne è stato ormai intrapreso da oltre un decennio e che sta cominciando oggi a dare le prime risposte. Il tutto grazie ad una costante collaborazione tra ricercatori, biotech e comunità di pazienti.