Combinare due farmaci per rallentare la Distrofia Muscolare è l’obiettivo dello studio clinico guidato da Emilio Clementi e finanziato da Parent Project con la campagna “SOStieni chi ha la distrofia di Duchenne, fai il primo passo”.
Ad oggi l’unica terapia utilizzata per la DMD e BMD si basa sui corticosteroidi che sono in grado di controllare l’infiammazione muscolare ma causano degli effetti collaterali severi. L’obiettivo di un nuovo approccio farmacologico è di trovare una via più efficace e più tollerata dall’organismo per rallentare il decorso della malattia e migliorare la qualità di vita. In quest’ambito la combinazione di un donatore di nitrossido e un antiinfiammatori non steroideo si sta dimostrando una strategia promettente: un primo studio clinico pilota sull’uomo è già stato condotto e le successive fasi di sperimentazione sono in progettazione.
Emilio Clementi, professore ordinario di farmacologia all’Università di Milano e a capo dell’Unità Operativa di Farmacologia Clinica dell’Azienda Ospedaliera L. Sacco di Milano, ci racconta questo importante progetto:
Come è nata l’idea di combinare un donatore di nitrossido con un antiinfiammatorio non steroideo?
L’idea è nata nel 2005 ragionando su alcuni aspetti importanti della fisiopatologia della distrofia muscolare, con un occhio da farmacologo. Spesso i farmaci che agiscono in modo selettivo su un evento specifico, magari anche cruciale nel decorso della malattia, non hanno vera efficacia nell’uomo; spesso sono vincenti quelle molecole (o combinazioni di molecole) che hanno un effetto su più di un evento patologico. Il nitrossido (NO) è proprio una di queste. Il suo ruolo nella fisiologia del muscolo scheletrico è noto da tempo e si sa che sul muscolo adulto ha diverse azioni protettive e di incremento della disponibilità di energia al muscolo. Studi recenti, tra cui i nostri, hanno inoltre dimostrato che l’NO favorisce l’attivazione e la fusione di cellule satelliti (le cellule staminali muscolari) e favorisce quindi il riparo del muscolo danneggiato. Tuttavia, in studi preclinici precedenti l’NO da solo non si è dimostrato efficace: non è “sufficiente”. Di qui la nostra idea di accoppiarlo ad un antiinfiammatorio non steroideo. Mi ha sempre colpito l’aspetto infiammatorio presente nel tessuto muscolare distrofico, e dopo alcune discussioni con Angelo Manfredi e Patrizia Rovere, colleghi immunologi esperti di distrofia, mi sono convinto che l’associazione antiinfiammatorio e NO potesse funzionare. La scelta di un non steroideo si basa sul fatto che il suo meccanismo d’azione è sufficiente a limitare il danno infiammatorio muscolare senza portarsi dietro gli effetti tossici collaterali dei corticosteroidi.
Quali studi preclinici sono stati effettuati?
Abbiamo innanzitutto cercato di capire come funziona l’NO nella distrofia muscolare. In collaborazione con Silvia Brunelli e Giulio Cossu, grazie ad un finanziamento Telethon, abbiamo potuto osservare che l’NO stimola il differenziamento e la fusione tra cellule precursore muscolari, aumentando nel contempo la disponibilità di energia a queste cellule. Abbiamo anche verificato, in modelli di topo distrofico, che la combinazione di NO ed antiinfiammatorio non steroideo funzionasse ai fini terapeutici. Abbiamo provato diverse molecole e combinazioni e tutte ci hanno confermato la “bontà” dell’idea iniziale.
E per quel che riguarda la sperimentazione clinica sull’uomo a che punto siamo?
Grazie al generoso supporto di Parent Project, dell’IRCCS E. Medea, dell’ Associazione La Nostra Famiglia e dell’Unione Europea abbiamo effettuato uno primo studio pilota sull’uomo. Lo studio è stato condotto sotto la supervisione della Dott.ssa Grazia D’Angelo presso l’IRCCS E. Medea. Abbiamo confrontato 35 pazienti giovani adulti che non hanno ricevuto nessun trattamento con 35 pazienti a cui è stato somministrato, per la durata di 12 mesi, un antiinfiammatorio non steroideo (ibuprofene) in combinazione con un donatore di NO a lento rilascio (isosorbide dinitrato). Essendo il primo studio in uomo, abbiamo disegnato un approccio che mirava a valutare la sicurezza del trattamento. In altri termini abbiamo tenuto il dosaggio dei farmaci piuttosto basso. Abbiamo però nel contempo voluto fare qualche valutazione preliminare di efficacia. Le valutazioni sia di sicurezza che di efficacia sono state condotte a 3, 6, 9 e 12 mesi. Lo studio, ancorché pilota, è stato molto utile perché ci ha mostrato che il trattamento è sicuro e ben tollerato. Inoltre, molti dei parametri funzionali hanno mostrato un tendenziale miglioramento.
Quali saranno i prossimi passi?
I primi passi, interamente finanziati da Parent Project, saranno tesi all’ottimizzazione della terapia e alla valutazione ancor più approfondita della sicurezza del trattamento. Non dimentichiamo che stiamo pensando a trattamenti cronici che iniziano in età pediatrica, quindi dobbiamo conoscere tutto il possibile sulla “vita” dei farmaci nell’organismo umano al fine di ottenere il massimo dell’efficacia con il massimo della sicurezza. Condurremo due studi di fase I su volontari sani. Uno di essi sarà disegnato per valutare se ibuprofene e isosorbide dinitrato vanno incontro ad interazioni farmacologiche; nel secondo valuteremo fino a che dosaggio di isosorbide dinitrato possiamo spingerci senza che il paziente presenti effetti collaterali significativi.
Quali sono i tempi attesi?
Questi studi sono ormai in avvio e dovrebbero concludersi entro fine anno. Nel frattempo stiamo cominciando a progettare i possibili passi futuri da compiere per gli studi di efficacia clinica vera e propria.
Che tipo di miglioramenti ci si possono aspettare da questa terapia? Si può parlare di cura?
Non parlerei di cura, ma di terapia farmacologica di supporto. Se tutto va come noi speriamo, sulla base delle evidenze precliniche e dello studio pilota, ci aspettiamo un significativo miglioramento della qualità della vita accompagnato ad un rallentamento del decorso della malattia. Ciò vorrebbe dire regalare del tempo prezioso.
Quali sarebbero i vantaggi di questo trattamento rispetto alla somministrazione dei corticosteroidi?
Il corticosteroide è un buon farmaco e ad oggi è l’unico che sia veramente efficace nella distrofia muscolare, tuttavia ha enormi effetti collaterali. La terapia che noi studiamo agisce con meccanismi diversi da quelli dei corticosteroidi e su bersagli solo in parte sovrapponibili, inoltre essa è assai meno “tossica” per il paziente. Io penso onestamente che questa terapia, qualora se ne dimostri in modo conclusivo l’efficacia, possa sostituire la terapia corticosteroidea in alcune fasi del decorso di patologia anche se non credo possa sostituirla completamente.
Vi è un altro sbocco importante: questo trattamento potrebbe essere utilizzato in combinazione con gli approcci di terapia genica e cellulare, ora in studio clinico, qualora dovessero dimostrarsi vincenti. Infatti, abbiamo già verificato, in collaborazione con Giulio Cossu e Silvia Brunelli, che l’NO è in grado di potenziare la capacità delle cellule staminali di entrare nel muscolo e di attecchirvi in modo funzionalmente efficace.
Su quali tipi di distrofie muscolari potrebbe essere applicata questa terapia?
E’ una terapia farmacologica il cui bersaglio è il danno muscolare. Può essere applicata alle distrofia muscolari di Duchenne e Becker, ma anche alle altre distrofie in cui il difetto genetico induca un processo patologico a livello muscolare simile, penso alla distrofia dei cingoli. La generalità è una caratteristica di questo trattamento farmacologico, che la differenzia in modo sostanziale dall’Exon skipping e dalle terapie cellulari che sono invece indirizzate a gruppi di pazienti ben definiti e circoscritti.
I farmaci in questione sono già in uso in ambito pediatrico per altre malattie?
L’ibuprofene è l’unico vero antiinfiammatorio non steroideo raccomandato in età pediatrica. L’isosorbide dinitrato, come la maggior parte dei farmaci utilizzati in pediatria, non ha una specifica indicazione pediatrica, tuttavia viene utilizzato in alcune patologie a carico del sistema cardiovascolare.
Questo è un vantaggio per un futuro sviluppo e approvazione del trattamento per la distrofia muscolare da parte delle autorità regolatorie europee?
Sicuramente utilizzare farmaci già noti e utilizzati in uomo, anche se finora mai in combinazione, è un vantaggio. Inoltre non dimentichiamo che i farmaci per la distrofia muscolare, come per tutte le malattie rare, godono di un percorso regolatorio abbreviato.
Cosa vuol dire essere sostenuto e finanziato da un’associazione di pazienti?
È per me una nuova esperienza. Accanto al senso di grande responsabilità e di grande onore, che si prova ad essere finanziati da una no profit, vi sono la gioia di lavorare insieme a persone meravigliose e lo stimolo che viene dallo stretto contatto con i pazienti ed i loro genitori. Un grande stimolo a fare bene e a lavorare tanto!