E’ stato presentato il 10 giugno in Commissione Salute delle regioni il II Rapporto ADI (assistenza domiciliare integrata) di Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato. Pur con le consuete differenze fra regione e regione, il quadro che ne esce non è confortante.
Se terapia del dolore e assistenza psicologica sono tra i principali talloni di Achille dell’assistenza domiciliare del nostro paese, il taglio dei budget delle Asl e i piani di rientro pesano su quantità e qualità complessive delle prestazioni offerte. Il risultato è che sempre più spesso aumentano i costi a carico delle famiglie che si vedono costrette ad integrare le prestazioni ricevute dalle Asl con servizi a pagamento.
Entrando più nel dettaglio, maggiori disagi sono percepiti da adulti con grave disabilità (30,4%), malati cronici (29,1%), soggetti anziani appena dimessi dall’ospedale (21,5%) e, nella misura del 2,5%, bambini con problemi di disabilità.
Rispetto agli anni precedenti, aumentano le segnalazioni relative allascarsa qualità del servizio (+7%), e l’improvvisa sospensione dello stesso (+1,4%), cui si aggiunge il 13,8% di cittadini che segnalano unariduzione delle ore.
Come sempre, quando i servizi offerti dal Servizio sanitario nazionale sono inadeguati, è la famiglia a dover integrare le carenze dell’assistenza: è toccato al 49% dei cittadini. La spesa principale riguarda i farmaci, poi i costi sostenuti per una badante, a seguire consumi energetici e telefonici.
Di fatto, quello che manca è la presa in carico effettiva, caratterizzata dall’attenzione per tutti gli aspetti dell’assistenza: sociale, sanitaria e psicologica. Ad oggi, l’assistenza integrata continua ad essere fatta dal malato se “competente”, dalla famiglia o dalla badante.
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