La fiera
Dall’8 al 10 maggio scorsi si è svolta presso la Fiera di Pordenone la primissima edizione di 104 – The Caregiving Expo: il primo evento fieristico in Italia completamente dedicato alla filiera del caregiving. Un grande appuntamento aperto alle persone con disabilità o con necessità di assistenza, ai professionisti e professioniste del settore, alle aziende che producono ausili e soluzioni per migliorare la qualità della vita quotidiana, e naturalmente alle associazioni ed alle istituzioni.
Parent Project è stata presente per tutta la durata della fiera con uno stand messo a disposizione gratuitamente dall’organizzazione. L’obiettivo principale della nostra presenza è stato quello di conoscere ed instaurare una relazione con aziende ed altre associazioni, dando il via a possibili future collaborazioni.

Una preziosa occasione di incontro
L’iniziativa si è confermata particolarmente fruttuosa da questo punto di vista. Il team di Parent Project che ha partecipato all’evento – composto da Cristina Picciolo (direttrice generale), Gaia Relucenti (referente Raccolta fondi da aziende) e Leonardo Ruffolo (Raccolta fondi) – ha potuto dialogare con numerose tra le realtà presenti, sia aziende sia enti non profit. Tra queste, abbiamo conosciuto realtà del settore ausili, altre attive nell’ambito dei veicoli per il trasporto in carrozzina, ed altre ancore legate ad aspetti della vita quotidiana come l’abbigliamento.



Altrettanto positiva è stata l’opportunità di incontro con famiglie e volontari, che fanno già parte della comunità di Parent Project e attivi sul territorio. Siamo stati felici di ritrovare gli amici del Panathlon Club di Pordenone, anche loro presenti con uno stand. Abbiamo potuto, così, aggiornarci in vista della prossima edizione dell’evento PNThlon, a sostegno di Parent Project, che sarà il 4 ottobre.
Il programma della fiera è stato molto ricco anche sul piano dei contenuti di aggiornamento ed approfondimento, e il nostro team ha potuto partecipare a diversi di questi momenti, tra cui la cerimonia di apertura, un incontro sulla relazione tra arte e disabilità ed il convegno Stati Generali dell’associazione ANffAS. Quest’ultimo ha avuto la finalità di sviluppare una discussione tra società civile ed istituzioni sulle necessità delle persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo e analizzare le esigenze negli ambiti della scuola, della sanità, dell’accesso ai servizi.
Focus sullo sport
Un intero padiglione è stato dedicato allo sport, con esibizioni e dimostrazioni pratiche di molte discipline, tra cui danza, sitting volley, tennis, baskin, ping pong e arti marziali. Il nostro socio Jacopo Verardo ha partecipato con la sua squadra (i Friul Falcons) ad una dimostrazione di wheelchair hockey.


In questo padiglione abbiamo assistito al workshop Tra sfide e sogni: vivere la disabilità ogni giorno a cura dell’associazione Crossabili, che ha offerto ai partecipanti una coinvolgente sessione di storytelling sulla relazione tra sport e disabilità.
Un evento per cambiare la narrazione
Nel complesso, siamo ritornati portando con noi tanti nuovi contatti, tanti stimoli utili da condividere per arricchire sempre il nostro lavoro, e la sensazione di un evento che si è mosso intenzionalmente verso un linguaggio, e quindi una visione del mondo che cerchi di prendere le distanze dall’abilismo che troppo spesso, ancora, permea la comunicazione legata alla disabilità.
Riportiamo qui parte della riflessione che la giornalista e attivista Valentina Tomirotti – che ha anche moderato la cerimonia di apertura – ha condiviso rispetto a questo evento (l’articolo completo si può leggere qui)
Un linguaggio chiaro, rispettoso, centrato sulla persona, può fare la differenza tra chi si sente parte e chi si sente un caso da gestire. Ho visto stand che parlavano con le persone e non sulle persone. Ho ascoltato video pensati anche per chi non sente, testi ad alta leggibilità, operatori formati a raccontare con cura e non con pena.
Per me, che mi occupo da anni di narrazione e rappresentazione della disabilità, è stato un segnale importante: possiamo smettere di raccontare sempre la stessa storia. Possiamo abbandonare l’“ispiration porn”, il dolore esibito, il linguaggio tecnico che esclude. Possiamo finalmente dire: la disabilità non è il problema, è il filtro con cui la guardate che va cambiato.
E lo possiamo fare anche in fiera, davanti a un pannello illustrativo o a una scheda prodotto. Perché anche lì si gioca la partita culturale: quella che plasma l’immaginario, forma chi osserva da fuori e dà strumenti a chi vive da dentro.
La comunicazione inclusiva non è un lusso da festival progressista: è un dovere di chi si occupa di corpi, di fragilità, di diritti.
E 104 – The Caregiving Expo, da questo punto di vista, ha dato un buon esempio da cui ripartire.
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