"Umani ma non troppo"

La storia "normale" di un ragazzo affetto da distrofia muscolare di Duchenne

Questa è la storia di Matteo. Una storia fatta di estati al mare, scoutismo, viaggi in camper e partite dell’Inter vissute come battaglie epiche. Ma anche la storia di una diagnosi che cambia tutto. Eppure, non toglie niente anzi, aggiunge: forza, consapevolezza, ironia.

Umani ma non troppo è un racconto autobiografico diviso in 5 puntate, scritto con leggerezza, sincerità e un pizzico di sarcasmo. Un viaggio che parte dalla Sicilia e arriva fino a San Siro, passando per ospedali, campi scout, wurstel esplosivi e momenti indimenticabili.

Puoi trovare la prima parte di questo racconto qua sotto, le quattro puntate successive invece ti arriveranno via email. Ti basta iscriverti alla newsletter e riceverai in automatico il resto del racconto. Ogni puntata è un passo in più dentro la storia di Matteo, e forse anche un po’ dentro la tua.

Perché ci sono storie che meritano di essere raccontate e lette.

Ciao, sono Matteo Genovese. “Chi?”, direte voi. Un ragazzo normale, con una vita forse un po’ più complicata, ma tutto sommato simile alla vostra.

Sono allegro, a volte paranoico — come tanti — e provo a prendere la vita con leggerezza, guardando avanti. Niente discorsi troppo lunghi, promesso.

Sono nato il 16 giugno 1995 a Vittoria, in Sicilia. Dicono fossi un bambino querulo — qualunque cosa voglia dire — ma tanto ve lo confermerà mia madre, quando entrerà in scena. Per ora, andiamo con ordine.

I miei primi ricordi? Un lenzuolo verde, odore di salsedine, e una casa al mare. Lì passavo le estati con papà, mamma e mio fratello (mia sorella sarebbe arrivata dopo). Colazioni, giochi, biciclette, pistole ad acqua. E dopo pranzo, Disney e pennichella.

Erano giornate piene, allegre, con tanti amici. Mi sentivo una calamita umana e ne andavo fiero. Tutto sembrava filare liscio. Ma qualcosa non tornava.

A un certo punto, crescendo, iniziai a notarlo: ero meno veloce. Più debole. Faticavo nei giochi, nei movimenti. Chiesi spiegazioni ai miei. E la risposta arrivò: “Hai una malattia dei muscoli, si chiama distrofia muscolare. È rara.”

Tutto iniziò con un intervento alle adenoidi che non si fece mai. Durante i controlli preliminari, emersero valori altissimi di CPK — un enzima che, se sballato, indica problemi muscolari. I medici si fermarono subito. Le adenoidi passarono in secondo piano. Al loro posto, una domanda molto più grande.

Un medico scrupoloso volle vederci chiaro. Dopo una settimana di test arrivò la diagnosi definitiva: distrofia muscolare di Duchenne.

E quella che sembrava un’infanzia perfetta prese una piega diversa. Ma non per questo meno mia.

Matteo Genovese, autore

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