Sono tornata al mio punto di partenza, all’aeroporto di Catania, aspettando il mio volo di ritorno, piena di emozioni miste. Stesso punto, tutto diverso: conoscenze, esperienze, forma mentis.
Venire a contatto con le famiglie ed entrare nelle loro case e stanze nei momenti più privati, come il momento del sogno, del pranzo, della sveglia. Guadagnare la loro fiducia, parlare dei loro problemi, ascoltare ed essere ascoltata, spiegare l’importanza della diagnosi e dei controlli, particolarmente in una patologia senza cura, dove l’unica terapia al momento è il rallentamento e la prevenzione degli effetti collaterali della patologia.
Scambiare idee e riflessioni, fare brainstorming insieme ai ragazzi su idee che potrebbero rendere la loro quotidianità non solo più funzionale ma anche più divertente. Tutto questo mi ha riempito di calore, ma anche di idee nuove.
Le mie emozioni?
Sicuramente felicità per aver vissuto questa magnifica esperienza, formativa ed educativa sia per me che per le famiglie. Con alcuni abbiamo passato ore insieme a spiegare e discutere l’utilità e il funzionamento della capnografia. Ma non solo. In una visita mi sono ritrovata a parlare di controlli, di malattie, dei problemi degli altri membri della famiglia, e persino a dare loro dei consigli.
Speranza che progetti come questo possano essere portati avanti e fungere da pilastri per promuovere la teleconsulenza, la telemedicina e, in generale, il servizio portato direttamente a casa del paziente. Visto il coinvolgimento dei ragazzi e delle famiglie, sono molto fiduciosa che almeno il trascutaneo non rimarrà fermo nella sua scatola.
Amore per la Sicilia e le sue famiglie.
Malinconia nel lasciare una realtà che mi ha creato una forte sensazione di appartenenza.
Quanto è strano che quel “A chi appartieni?” che spesso chiedono in Sicilia mi facesse ridere, mentre ora mi fa riflettere, pensando che, per il mese passato, sono realmente appartenuta alle famiglie siciliane che hanno avuto accesso a questo strumento, il trascutaneo, e con le quali ho avuto un’interazione quasi quotidiana.
Magari ci fosse un modo di farvi sentire e ricevere tutti i ringraziamenti delle famiglie per aver reso questo progetto realtà.
E parlando di Ulisse e dell’Odissea, durante il mio viaggio in Sicilia non ho potuto fare a meno di tracciare paralleli. A Messina, su Capo Peloro, mentre osservavo i vortici dello Stretto, mi è venuto in mente che Scilla e Cariddi, sia come simboli che nella realtà, non sono ostacoli onnipresenti. Ciò che serve è saper riconoscere i momenti giusti e circondarsi delle persone giuste. Con strategie ben pensate e ponderate si possono evitare o anche effettivamente affrontare.
Arrivederci…
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